Manuale di fai da te a casa tua e non rompere le scatole a tuo padre.

A ferragosto c’erano il mi’babbo e la mi’mamma a casa mia.

La scusa ufficiale eran le pulizie, che la mi’mamma aveva promesso/minacciato secoli fa “Passo a casa tua e ti aiuto a fare(1) le pulizie, che chissà che strato di polvere c’è dappertutto”(2). O si letica, o le si permette di pulire -con quel tanto che basta di riarredamento che lei spera passi inosservato-, e si da da fare pure qualcosa al mi’babbo.
Invece di farmi aiutare a, che so, fissare e allestire la panoplia che giace nel mio garage da almeno sei mesi, o a ridipingere i termosifoni che, poverelli, piangono ruggine da più di tre anni(3), dopo aver appeso una mensola Malm in bagno, ho proferito la mia condanna ai lavori forzati per le prossime tre settimane:

“Prendiamo le misure della nicchia dell’ingresso, che è un pezzo che vorrei metterci una scaffalatura?”

Inaspettatamente, il po’er’omo ha preso il metro a nastro e mentre io impedivo a mia madre di spostare il tapis-roulant in terrazza, ha preso le misure.

S’è fatto due calcoli, e stabilito che sarebbe stata una scaffalatura all’ungherese, coi montanti per tutta l’altezza del muro su cui appoggiano, incastrati, gli scaffali. Tipo il disegno qui accanto,shelf.jpg solo che avevamo -“ho”, è tutta colpa mia- deciso di mettere le viti di fissaggio al muro nello scavo per il ripiano, in modo che non si vedessero a montaggio eseguito.

Essendo poco profonda, al massimo 15 cm, ma alta, larga e irregolare, vista la non regolarità della nicchia, avremmo dovuto fare un lavoro singolo per ogni montante e scaffale. Lo sapevamo, non avevamo scuse.

Il 16, dopo il sabato lavorativo del sottoscritto, siamo andati al Leroy Merlin a comprare il legno. E già lì si sono aperte le trattative. I montanti da due metri e cinquantotto non esistono in commercio. “Ok, allora, se ne prende uno in più e si giuntano in fondo con due spine, in modo che la giuntura venga nascosta sotto un ripiano e faccia da piede alla struttura.”

Non esistono nemmeno ripiani da due e trenta (o più) spessi due centimetri e profondi quindici o giù di lì.
Esistono però dei pannelli da due e cinquanta -che va bene, si scorciano a misura sul posto- spessi due -che va benissimo-, larghi sessanta -che va benino, si fanno segare in assi da quindici direttamente dal commesso Leroy- che costano QUARANTATRE’ EURO cadauno -che non è proprio il meglio-. Uno di noi piangeva fortissimo quando si è accorto che ne servivano due, più cinque montanti da sette euro e spiccioli cadauno, più una utilissima livella laser autolivellante da trentanove virgolanovanta euro in offerta, più non so bene che e cosa per i miei.

DUECENTO SANGUINOSI EURO di materiale e attrezzi. Lo riscrivo: DUECENTO EURO.

E vabbè, sarà contento almeno il signor Visa.

Portiamo tutto a casa mia. Come? Vabbè che mio padre ha una Kia Sportage, ma il portapacchi non l’ha montato. Quindi le assi da due metri e mezzo vanno tra sedile e sedile, con mia madre che le sostiene col braccio sinistro, io col destro sul sedile posteriore e il vetro del portellone posteriore aperto. Roba da arresto da parte della stradale. Spero come mai prima che non succeda niente per strada, che in caso di incidente per togliermi le schegge di sottopelle servirebbero le tenaglie.

Cominciamo a fare i segni sul muro. Spiego a mio padre che due metri e trenta scarsi divisi in quattro montanti sono 25+60+60+60+25, con i montanti al posto dei più, e che i fori si segnano indipendentemente dallo spessore. Quell’uomo è un genio dell’ “a occhio”, ma per la pianificazione e le misure ha una antipatia spettacolare. Roba tipo “Se era per me si faceva tutta la scaffalatura a terra e poi s’alzava” “E poi si segava dove avanzava dal muro?” “Meglio che far mille tagli”

Insomma: mi sdraio e segno sul battiscopa il punto dove andranno i montanti. Prendo la livella laser, la setto su “verticale” e salgo sulla scala. Segno “il posto” dei quattro montanti. Poi seghiamo in quattro il montante d’avanzo, e ne attacchiamo i 4 pezzi a ognuno di quelli interi. Detta così son tre sillabe, e invece son state due ore d’angoscia, visto che nel frattempo c’era pure mia madre che “Simone, dove lo tieni il Glassex?” “Simone, ma il letto te lo cambio?” “Simone, ti lavo TUTTI gli asciugamani” “Simone, dov’è la mia bottiglina rosa?(4)”.

Insomma, già preventiviamo un buon lavoro di stucco per nascondere le giunture.

Cominciamo a segnare dove andranno gli scaffali, direttamente sul muro. Ovviamente stavolta consideriamo lo spessore del legno, e son tutti conti tipo “ottantasette più quarantadue?”. Si prende la livella laser, si setta il raggio sull’orizzontale a destra, e si proiettano le altezze sulle altre linee verticali a partire dalla prima a sinistra. Facile, no?

No.

La livella era finita in mano a mio padre, visto che io dovevo passare da ‘sdraiato’ a ‘pericolosamente in ciabatte cima alla scala’, e, non si sa come, i primi tre livelli sono venuti inclinati verso l’alto. Diciamo che anche l’autolivellamento laser ha i suoi limiti, se si tiene la livella “quasi a 45” invece che “quasi orizzontale”. Ma vabbè. Cancello con un cerchietto i segni sbagliati e ne faccio di nuovi. La livella passa in mano a me e la matita a mio padre, per i segni “a portata di mano”.
“Ecco, ho fatto un tondino intorno a quelli buoni” sento proferire dopo qualche decina di secondi.

Terzo passo: frecce bilaterali sui segni definitivi.

Prendiamo quindi i montanti, che, tirati e asciutti, possono esser presentati alle rispettive misure. Sfortuna, o ormai abitudine, vuole che non possiamo nascondere sotto una mensola bassa la giunta, visto che in basso la medesima corrisponderebbe quasi perfettamente con una vite, rendendo inutile quest’ultima, fragile il sostegno, e destinato a crollare rovinosamente il ripiano corrispondente.

Facciamo la tacca per incastrare il battiscopa e rendere i montanti aderenti al muro -vana speranza, il muro è pure concavo, vediamo(5)-, poi su ogni montante marchiamo dove dovrà essere avvitato al muro da una parte e intaccato per la mensola dall’altra. Geometria vorrebbe che, una volta allineati a partire da terra, tutti i segni siano alla stessa altezza. Invece no. Non ce ne sono due pari. Capiamo che anche il pavimento ha qualche ondulazione. Quindi, l’atto di incoscienza. Mandiamo a fanculo i segni sul muro, tiriamo una riga “di media” a quelli sulle assi e li facciamo tutti corrispondenti. Anche qui, sembra che quattro montanti per otto scaffali, quindi trentadue scanalature, siano tre minuti di lavoro. NO. Ditelo ai vostri figli, usate me e mio padre come esempi da non seguire. Comprate delle Billy all’IKEA che, si, non son granchè, non sono a misura di nicchia, ma almeno se non torna il pezzetto andate a faccina dura al banco clienti e gli dite “eeeh, è segato troppo follo” “Eh?” “Cambialo e basta”. Bisogna prima segnare dove va il foro per la vite. Riportare la misura sull’altra faccia dell’asse, con squadra e precisione. Poi disegnare la scanalatura aggiungendo simmetrici, precisi, lo spessore del ripiano e la profondità dell’incastro. Fatto? Ecco, per trentadue, mentre CONTEMPORANEAMENTE cercate di impedire a vostra madre (quindi senza utilizzare violenza, male parole o toni troppo accesi) di riarredarvi lo studio, riordinarvi i cassetti della biancheria, nascondervi e/o perdervi e/o “mettere al sicuro” (il sinonimo dei primi due preferito da mia madre*(6)) minuteria elettronica, appunti vitali, viti e/o molle non rimpiazzabili che voi avete messo “lì” proprio perché non c’era pericolo di perderle, in bella vista come erano (“Ni’mezzo, non si poteva nemmen spolverare”, dirà lei. “E ora dove le hai messe?” “O ‘un son lì?” “No” “L’hai a rimettere a posto te, la roba, vedrai tu la ritrovi!”), e ricatalogarvi anche le bollette (in ordine di importo, che data e beneficiario sono concetti superati)

Torniamo a noi. Abbiamo, io nel ruolo di terza capra poggiaassi, mio padre a manovrare la sega radiale (trentacinque kg, per lo meno, immaneggiabile e intrasportabile. Però ringrazio Chtulhu per la sua presenza, se no ero sempre lì a segacciare), fatto le tacche. Poi è sorto il problema dei fori delle viti. Quattro centimetri di legno da forare, in fondo a un’asola di cinque, in mezzo a un’asse di due centimetri. Come si fa a esser precisi senza sbordare qua e là, o spezzare il legno? A occhio, e col trapanino a colonna, e vaffanculo. Portiamo le assi in garage calandole dal terrazzo, e provvediamo. Il mio trapano a colonna ha la potenza di quei cosini che si mettono nei bicchieri per far fare la crema al caffè, e sussulta e sbuffa come un toro meccanico, e questo va a nostro onore, visto che ce la caviamo più che bene.

Ora, mio padre è convinto che solo i gay possano usare un avvitatore(7). Quindi, una volta fatte risalire in terrazza le assi, abbiamo provveduto a inserire le viti nei fori del legno per poterci segnare il muro lungo le linee dei montanti corrispondenti. Per fortuna, la sua convinzione è relativa solo al MIO avvitatore, che in realtà ha una sua dignità, e abbiamo potuto quindi abbozzare colle autofilettanti i primi fori nell’intonaco nonostante l’esplosione della batteria del SUO Makita.

Ovviamente, trentadue fori, trentadue espansori, due punte “cotte” sulla protrusione di cemento armato dalla colonna a mezzo metro, e solo UN foro non perfettamente corrispondente alla rispettiva vite alla fine.

Impolverati di segatura, mattone e gesso, molliamo le armi. Mio padre e mia madre se ne tornano a casa loro portando seco come bottino di guerra e retribuzione il mio tapis roulant, che mia madre “deve assolutamente usare(8)”.

Ieri mio padre è tornato da me dopo il mio turno di lavoro. Abbiamo segato a misura i ripiani(9), segandoli secondo la larghezza della nicchia in quel punto (e in quel momento, temo di dover dire), allargato a suon di Dremel e carta vetrata le tacche nei montanti, usato i medesimi per stabilire i punti dove scavare i ripiani. Anche qui, trentadue costruzioni a forza di squadra, e non una sbagliata. Solo uno spiacevole incidente con “tiralo via diritto, se no mi si” -CRACK!- “scorteccia il muro”, e tanta di quella polvere di legno nel corridoio da far sembrare che mia madre non mi avesse mai fatto visita.

Temo per domani, che vanno scartate anche le tacche sui ripiani -già segate, stavolta a mano-, smontato tutto,vanno resi ottusi gli angoli retti “a vista”, poi va stuccata, scartata e lisciata, ed infine verniciata ogni asse, ovviamente a mano.

Vi tengo informati. Intanto ho preso ferie per venerd , e comprato due barattoli di colore nero, che neppure il mio ottimista padre riteneva sufficiente mezzo barattolo da mezzo kg per otto ripiani da due metri e mezzo.

Ah. Se tornassi indietro lo rifarei(10). Sarò scemo?

(1)Leggasi: “Ti faccio, come pare a me, criticando arredamento, disposizione, colori di casa e la tua vita in generale e guai a te se ci metti bocca”
(2) In realtà no. E che cavolo.
(3)Lo so, sono vergognoso. Ma la pittura non è una delle tre cose che mi riescono.
(4)Lo sgrassatore. L’ha perso sei volte.
(5)Riassumo. Quella nicchia è un quadrilatero che non ha due lati paralleli nemmeno a pagarli, non ha profondità uguale ai due lati, destro e sinistro (15 contro 13,5), e la cui unica parete è una sezione di sfera. Fate voi se poteva venir fuori qualcosa di rapido e facile.
(6) Ai tempi, aveva messo talmente al sicuro le tessere elettorali che abbiamo fatto la fila in comune il giorno prima delle elezioni per farcele rifare. E poi tanto al sicuro non erano, visto che, banalmente, le abbiamo trovate dove poi ha messo le copie.
(7)Però lui ha un Makita che se fermi la vite e ti attacchi al manico ti sventola come a Siena il giorno del palio.
(8)Sarei stupito se venisse mai calpestato.
(9) Ne è venuto solo uno, troppo corto, poi “spinato” e sistemato. Mi son distratto per via di una telefonata, e mio padre l’ha segnato da solo. Sul nylon protettivo, che ovviamente è scivolato e ha presentato la misura alla sega una panna più in là. Per fortuna mio padre non è un cardiochirurgo, oppure farebbe i segni preoperatori sui cappotti.
(10) Ovviamente, tranne l’acquisto della livella. Un salasso, e poi s’è rifatto tutto a spanne. E meglio.

4 thoughts on “Manuale di fai da te a casa tua e non rompere le scatole a tuo padre.”

  1. Leggendo questo post mi sembra di esser vedere una puntata di ArtAttack… “Prendete le forbicine con la punta arrotondata. Fatto? Disegnate sulla cartavelina una gioconda con un turbante sikh! Fatto? Ora ritagliate ed attaccate con la colla vinilica sul basamento di calcestruzzo. Fatto?” Io arrivavo appena alle forbicine… 😉

  2. Simo…sei un mito…non tanto a fare le cose..quanto a raccontarle… ma quanto avrei voluto vedere la tua mamma portare via il tapis roulant..?? ma almeno l’ha provato??? ahahahah….

  3. @lore: a me fregava il discorso artistico. per le istruzioni tecniche son messo beme. per me seguire passi di costruzione, o anche solo pianificarli, è rilassante.

    @ely: in realtà l’ho portato io fino nella loro auto.
    e no, ancora non l’ha provato.

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