Category Archives: Ricette

Il lurker estinto.

RANT. Quindi circolare se non interessa.

Google è sempre tuo amico.Mi hanno regalato del lievito liquido (licoli) che ha bisogno di cure un po’ diverse da quelle della pasta madre.
Mi sono iscritto a un gruppo per informarmi.
Ora, maledetto chi il pane ve lo còce, volete LEGGERE invece di fare solo domande?
Ci sono ennemila ricette, sentordici tutorial, e niente, fate sempre le stesse domande: “ogni quanto? quanta acqua? a che temperatura?”
Ma non è quello il peggio: dieci volte al giorno leggo domande del tenore “Ho un licoli a otto giorni dal terzo parziale, e vorrei fare il francese con la farina 85% semola e 10% w330. Prevedo di idratare con 500cc di fonte misto piovana. Il restante 5% lo posso integrare con una 2 rimacinata Cappelli o mi conviene lasciare così e usare dell’addizionata di acido carbonico? Qualcuno ha provato?“
Ora, accidenti anche al tu’mugnaio che non ti segnala alla polizia postale, PROVA.
PROVA, PERDIO.
Alla peggio verrà del pane meno morbido, più morbido, più saporito, più sciapo, ma pane.
Non è nitroglicerina, non ti salta in aria la casa se sbagli le dosi di un quarto di mole.
Non è una formula magica, non è che al posto del pane nel forno ti compare Belial a lamentarsi del freschetto che fa. Magari, così ti trascinerebbe in infero e l’abbozzeresti di masturbarti per traslato in cucina.
È PANE, posa il microscopio elettronico e inizia a impastare.
Peggio di me non puoi fare, coglione.

Post a richiesta

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Voi non ci crederete, ma me l’hanno chiesto davvero.
Mi hanno chiesto un consiglio per una custodia per un e-reader, e alla mia risposta, grossomodo un “Boh, io me le son fatto da solo”, mi han chiesto un tutorial.
Siccome sono più vanitoso che sovrappeso (e sono molto sovrappeso), e di solito sono piuttosto orgoglioso dei miei smanacciamenti, sono più che contento di accontentare. Le foto fanno schifo, lo so, ma l’unica batteria carica è quella del cellulare. Provvederò alla sostituzione appena trovo il tempo e l’occasione.
In ordine cronologico:
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La Moleskinny


Realizzata per un PMP, è stata costruita in due versioni. La prima, che non ritrovo, tracciando la forma del lettore medesimo sulla prima pagina di una agenda. Poi, trincetto e vinavil, quest’ultimo sia tra le pagine che sui bordi, interno ed esterno. Nulla di trascendentale.
La seconda versione ha richiesto l’asportazione totale di tutte le pagine, la copertura della costola, e un po’ di velcro. Funziona anche da stand in versione portrait.
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Il diario di River Song


Per il Kindle della Figlioluccia.
Costruita a partire dal cartone di un raccoglitore a due anelli, tagliato a quadretti e listelle, prova a copiare il modello di una rilegatura mostrato in una serie che non potete non seguire. Ovviamente all’originale non assomiglia che grossolanamente, non è che una pallida copia: Ho tagliato i quadrettoni e le listelle dal cartone spesso, ho incollato il tutto su due pezzi grande poco più del Kindle, uno per il fronte e uno per il retro, entrambi tenuti alla costola da una garza. Il ricoprire tutto di vinavil -lattice per chi ce l’ha-, più scuro prima, in modo di fare una sorta di drybrushing con la seconda mano, più chiara, assicura l’unione dei pezzi e la flessibilità delle giunture. E dà anche un effetto “organico” che non mi dispiace.
All’interno c’è, con la parte stampata verso la copertina, un manifesto patinato, tagliato a misura. Il Kindle è tenuto in posizione, con tutti i pulsanti e connettori a vista, da quattro gancetti di gomma flessibile realizzati con del Sugru.
La Figlioluccia lo usa, le piace, a me tanto basta.
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Il PADD


Il Nook è un animalaccio anfibio: ha il pulsante di accensione dietro in alto, il connettore in basso, i pulsanti per scorrere delle pagine sul davanti, l’alloggiamento per la SD su un lato.
M’è toccato fare una cover più invasiva delle altre.
del solito cartone spesso ho tagliato quattro pezzi: uno per coprire, ovviamente, lo schermo, uno per provvedere un aggancio, e due per fare uno snodo. Questi ultimi tre hanno uguale larghezza, uguale spessore, ma diversa lunghezza. Ho per primo incollato -stavolta mastice, non vinavil- la parte che sarebbe andata verso l’esterno sulla stoffa di un vecchio jeans. Ad opportuna distanza, nè troppo lontani nè a contatto, in modo da poter poi piegare il tutto verso il retro del lettore, gli altri tre pezzi, ben centrati. Ho sagomato la stoffa e opportunamente piegato i bordi.
Ho spillato del nastro elastico sul davanti, e su di esso ho incolato del velcro, in modo sia da dissimulare le spillature che da aggiungere con la colla robustezza al fissaggio. Sopra ci sta benissimo una toppa velcrata e quindi intercambiabile. Il nastro è della lunghezza precisa per poter tenere la copertura chiusa, non credo importasse dirlo. La parte di spillatura che sporge sul lato interno è schiacciata e ricoperta con nastro telato.
Sulla superficie interna della copertina ho incollato del panno in microfibra -ex spolverino, due euro, credo, all’uopo acquistato- che dovrebbe proteggere dai graffi, e copre l’antiestetico nastro telato.
Ci sono pure due gommini per cassetti dell’IKEA sugli angoli per evitare che la copertina prema i tasti di scorrimento.
Come si fissa il tutto al lettore? Velcro adesivo, la soluzione meno invasiva a cui ho saputo pensare (oltre all’infattibile, per me, clip negli alloggiamenti laterali deputati).
Come si vede dalla foto, funziona anche come stand.

Costo delle tre copertine? Praticamente nullo, tempo di realizzazione variabile dalla mezz’ora del PADD alle otto ore asciugatura compresa del Diario.

Spero di esser stato esaustivo e chiaro. Nel caso, ci sono i commenti 😉

L’idromele c’è.

E vi vuole bene.
Un pomeriggio a filtrare, lavare, versare, pastorizzare, attento al cicalino del termometro e al gocciolìo del liquido ambrato nella caraffa.

Dieci bordolesi rase con tappo cognac e, appena ho cinque minuti, se mi gira, capsula termorestringente.

Nonostante si sia indietro per molte cose, dalle conferme ai fiori alla lista di nozze, almeno quello per il matrimonio è pronto.

Etichetta a parte, ma non è quella, che apprezzerete.

Ananas al cioccolato piccante

Visto che me l’hanno chiesta al Mercatino Giapponese, mi tocca presentare la ricetta succitata.

Non do quantità, così vi regolate secondo gusto 🙂

Svuotate un ananas lasciandone intera la buccia: tagliate il ciuffo e procedete di lì con l’apposito attrezzo oppure con un coltello lungo e flessibile. Salvate la parte centrale, più fibrosa, che è ottima inzuppata nella cioccolata avanzata.

Tagliate a dadini la polpa, mescolate con ciliegie -meglio delle fragole, che hanno il sapore troppo simile-, bagnate abbondantemente con limoncello e/o succo di limone.

Fondete a bagnomaria, ma va bene anche al microonde, del cioccolato fondente con un po’ di burro, del limoncello, peperoncino in polvere. Ci sta bene anche un po’ di paprika, che ha pure il dolce. Assaggiate spesso, che siete lì apposta.

Usatelo per foderare l’interno della buccia, in modo da evitare che il succo goccioli via.

Versate di nuovo quel che del ripieno c’entra, il più asciutto possibile e senza premere, e godetevi il resto, immerso nel liquido come una macedonia alcolica, a parte, magari il giorno dopo.

Versate dal’alto il cioccolato, in modo che riempia gli interstizi tra i pezzi di frutta.

Mettete in frigo acciocchè si rapprenda, servite dopo aver rimesso il ciuffo, sporzionate spezzando il cioccolato.

Tanto brutto quanto buono.

 

(e io il cioccolato piccante lo fo da quindici anni, prima che diventasse di moda, ‘ccident’a’copioni)

 

 

Onigiriade

Comincia per l’ultimo dell’anno: mi chiedono cosa mi piace preparare, e io rispondo “il sushi”.

La sera prima, passo un paio di ore a sformare riso a catena, con la mi’mamma che ogni tre per due propalava un “oioi che mal di stomaco” senza aver mangiato nulla e “Simone, smetti, che tanto codesta roba la non piace, non la mangia nessuno”.

Questo il risultato:

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L’ottima Vipera, linkata qua accanto, incosciente, chiede a me la ricetta, e io commento allegando questo:

“Via, giù.
Allora, innanzi tutto serve il riso adatto. Se non hai il riso alla giappa, va bene quello per arancini e supplì, o un vialone nano.

Lo lavi finchè l’acqua non va via limpida, mi raccomando.

Per ogni tre tazze di riso -asciutto- ne metti in pentola 4 di acqua, mezza di aceto di riso (o di mele), un quarto di zucchero, e un cucchiaino di sale.

Se leggi da qualche parte che ci va il dashi, c’han ragione. Però è pesce, e io non ce lo metto. e nemmeno te.

cuoci. e sai come e quanto, visto che l’acqua deve essere assorbita.

Sai come si arrotolano i rotolini?
No?
Ok. standi l’alga Nori, venduta già in pratici fogli, sull’apposito tappetino, che è meglio se hai ricoperto di pellicola trasparente. La parte lucida dell’alga deve star sotto, non a contatto col riso. con le mani bagnate in acqua e sale, a riso ancora caldo, stendi quest’ultimo.
Metti nel mezzo quel che più ti aggrada.
Io uso

-cetriolo e semi di sesamo
-philadelhia
-philadelphia e pomodori secchi
-seitan a listelle
-carota a listelle

e pure qualcos’altro che mi verrà in mente dopo aver premuto “invia”.

dopodichè arrotoli con tutto il tappetino, pressi bene e sigilli l’alga come si fa con la carta delle sigarette. ribagni il coltello nell’acqua e sale e ne fai tondelli.

in alternativa alla nori, puoi usare una bella rotolata nel sesamo.

servire con una bela ciotolina di salsa di soia e wasabi in cui pucciare.

serve pure la ricetta per il nigiri alla frittatina (tamagoyaki) e l’onigiri con purea di umeboshi (le polpette di sampei)?”

E con questo repost, spero di far contenta anche Heidi 😉

Lunedì sera m’è preso un altro attacco e ho realizzato sia la bento belt che il kinchaku-furoshiki qui sotto

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Primi sintomi, questi ultimi, del mio bisogno di smanaccioterapia.

Oggi è maiala. Assai.

Citazioni

“il Philadelphia è proprio una puttana: va con tutto”, mi disse una mia amica mentre lo infilavo, assieme a listelle di pomodori secchi dentro un sushi roll.

Stamani, mentre lo spalmavo sul mio cinque cereali assieme ai succitati, non ho potuto non ripensare all’ottimo paragone.

Idromele

Fare l’idromele è ancora più facile del sidro.

Si prende il sottocitato bidone e lo si sanitizza.

Si mette a bollire dell’acqua.

Vi si butta FINO A UN 30% di miele, spengendo contemporaneamente il fuoco, pastorizzando così il tutto.

Si lascia coperto a ghiacciare un poco, e appena è arrivato a temperatura ambiente si versa il tutto nel bidone e si aggiunge il sempre sottocitato lievito.

Si lascia fermentare e invecchiare almeno tre mesi.

Con Leonardo il perugino, omonimo del mi’fratello e addirittura più affine di questi per interessi e moti, si fecero nove bottiglie, tre per il 10%, tre per il 20%, tre per il 30%, e se ne assaggiarono una per percentuale a tre, sei, nove mesi.

Trovammo l’optimum col 20% a sei mesi, ma ogni miele temperatura di cantina e lievito è fattore a sè, quindi il mio è solo un consiglio. Fatemi sapere 😉

A domanda -ennesima- rispondo: sidro

Il sidro -da non confondersi coll’idromele o idromiele, che colle mele non c’ha nulla a che fare- è un fermentato di succo di mele, alcolico quanto lo consente il lievito introdotto, non distillato.

Il modo più facile per farlo è recuperare un vecchio bidone alimentare, che saranno ben lieti di omaggiarvi in qualsiasi pasticceria dopo averlo svuotato dalle marmellate.Va bene anche un boccione da olio, visto che io parto con un minimo di tre litri di prodotto.

Dopo averlo opportunamente sanitizzato con i metodi preferiti (metabisolfito, candeggina molto diluita), vi si versa SUCCO DI MELA (che sorpresa, eh?).

Non state a sfarinarvi i testicoli con la spremitura e la centrifuga di mele rosse in quantità industriali: negli Hard Discount vendono un ottimo succo di mela tedesco, già PASTORIZZATO, biologico e adattissimo all’uopo. Mettetene da parte un 10%, eventualmente congelandolo, se volete un sidro gassato.

Poi giunge il difficile: mettetici un cucchiaino di lievito da enologia (non quello di birra per il pane, ve ne prego col cuore in mano e per pietà di tutti i palati): il Saccharomices Cerevisiae, o come cavolo si scrive, di quello usato per lo champenois, o come cavolo si scrive anche lui e tutti ‘sti francesi >:(. Se volete il sidro dolce, scegliete lievito meno attenuante: meglio fermarsi a 8-9 gradi alcolici col sidro dolce che a 12 con qualcosa di simile a un prosecco. Ovviamente, se volete il sidro ben forte, vale il discorso contrario. Ci sono anche soluzioni “capra e cavoli” grazie alla miscelazione di zuccheri non fermentabili (es. lattosio), ma, provatili, onestamente, non ne vale la pena.

Lasciate fermentare, al buio, tra 1 18° e i 30°, con una copertura antipolvere ma in grado di lasciar fuoriuscire i gas della fermentazione: un buon acquisto (1-2€) è un tappo gorgogliatore, ma potete gestirvela anche con tubi ritorti, immersi in bacinelle, eccetera.

Dopo una quindicina-venti giorni il sidro, se il lievito è buono, è quasi pronto, o quantomeno bevibile. Travasatelo, senza la fondata di lievito, in bottiglie o barilotti. Lasciate spazio per l’inevitabile gas di continuazione di fermentazione in bottiglia, se non volete degli shrapnel nel frigorifero o in cantina. Tappate le bottiglie, meglio coi tappi “a macchinetta” o “a corona”.

Se lo volete gasato, mescolate prima di chiudere le bottiglie il 10% di succo che avete tenuto da parte: fermenterà anch’esso coi lieviti in sospensione, e il gas, chiuso nelle bottiglie, si discioglierà nel sidro. Ovviamente, tenete ancora un po’ più spazio, per la suddetta esplosività. Aspettate almeno un’altra settimana prima di aprire QUESTE bottiglie, se volete bere un bel sidro gasato.

Enjoy homebrewing 🙂

Da accompagnarsi con miele o stracchino

PANE ALLE NOCI A MODO MIO

 

350g di farina 0

250g di farina 00

due cucchiai rasi di sale fino

uno di zucchero

lievito naturale (mezzo panetto)

una noce di burro

una tazza di noci sgusciate

una tazza d’acqua circa

due cucchiai di latte (e anche il mio ultimo segreto è andato)

 

impastare alacremente il tutto, in modo che le noci già diano colore e sapore.

lasciar lievitare due ore almeno in una forma per pane “a cassetta”

cuocere -e qui la cosa è personale, a me piace ben cotto e ben asciutto: lenta, lunga cottura a partire dal forno freddo; avessi il forno a legna…-

tagliatelo appena tiepido 🙂