Category Archives: Sapevatelo!

Ko-fi Shop

A me i monopoli non sono mai piaciuti, per diversi motivi.
Mentre riconosco ad Amazon l’avermi permesso di far conoscere i miei racconti più, meglio e pure più economicamente di quanto avrei potuto mai fare, l’esclusiva sull’eBook un po’ mi rodeva.
“Bla bla bla, se vuoi Unlimited devi far vendere l’ebook a noi e basta”.
Bello, eh, Unlimited, ma se qualcuno non vuole farsi l’account Amazon?
Non c’era verso.

Quindi, da oggi ho pure uno shop Ko-fi, sul quale metterò in vendita i miei eBook via via che scade l’esclusiva Amazon.
I primi clienti faranno gli affari migliori: su ko-fi posso permettermi un prezzo ultrascontato, per un numero limitato-ma-non-troppo di giorni e di copie.

Inoltre i libri restano a voi, al contrario del buon Unlimited.in

Inizio dalle mie prime raccolte, il mio esordio nell’autopubblicazione anche se non nella scrittura.

1.99 sciolte, presto 5.00 per tutte e tre, come offerta iniziale.
In ePub, come i bambini bravi.




Appuntamenti

Sabato 18 e domenica 19 io e Lorenzo saremo qui.
Con 5 euro vedete una fiera, aggiungete 3 euro e ne vedete un’altra ancora più grossa.
Il 26 marzo, invece, a Milano ci sarò solo io, ma solo perchè si tratta di libri strani.
Amici milanesi, sapete cosa fare

Viaggio nel fantastico

Ecco a voi il mio farraginoso ma, diciamolo, divertito speech di giovedì scorso al Mercato Centrale.
Ci sono balbettii, frasi lasciate a metà, errori e non sequitur, ma meno delle volte precedenti, quindi resta una valida attestazione di “Non sapevo cosa stavo scrivendo, adesso ne ho una vaga idea”.

Buona visione!

Novità

Ecco qua le mie due ultime fatiche:
un giallo anomalo, senza sparatorie o inseguimenti, ambientato a Firenze, con protagonisti piuttosto insoliti,
e il compendio dei racconti del Ceppo, che raccoglie i quattro usciti in Inaspettatamente e Probabilmente, più un quinto che sarà incorporato in una raccolta solo tra qualche mese.
Quest’ultima pubblicazione è ovviamente pensata per chi non ha letto le mie raccolte ed è interessato solo al nostro paesino preferito… o per chi non può aspettare il terzo volume il cui titolo finirà in -ente.

Trovate tutto su Amazon o, meglio, dalle mie mani ansiose di far dediche. Sapete in quanti modi me lo potete chiedere. Il più lesto è venerdì-sabato-domenica 3-4-5 febbraio al centro commerciale “il Parco” di Calenzano, per dire.

Grazie dell’attenzione!

Della Pubblicazione indipendente

Ovvero: il Cicali per il sociale e l’arte.

O anche: la risposta a “Perché non pubblichi con un editore vero?”

Qualcuno dei più attenti si sarà accorto che da qualche anno collaboro con uno scrittore e sono diventato scrittore a mia volta (oddio, ci ho provato. Ci sto provando).
Questo primo scrittore, il buon Lorenzo Leoni, era ai tempi sotto contratto con un editore del quale non farò il nome.
Mi venne proposto un contratto di collaborazione a royalties come editor: ovverosia, io lavoravo con Lorenzo, e per ogni libro di Lorenzo venduto io ottenevo una percentuale. Credendo molto nelle capacità del Leoni, firmai al volo senza spulciare il prospetto delle percentuali, che comunque mi portai a casa.
Per fortuna l’editore non fece mai un lavoro decente di promozione e distribuzione, perché in fondo alla tabella, per volumi molto alti di vendita, la percentuale diventava negativa: se il libro avesse venduto mille copie avrei dovuto dare io dei soldi all’editore.
Ovviamente feci notare questa anomalia nelle prime settimane, chiedendo nient’altro che un riesame delle percentuali e, anche, proponendo una tabella con dei valori “sani”: non lo facevo solo per me, ma anche per tutti gli altri collaboratori.
L’editore fece quello che qualunque editore serio non avrebbe fatto: smise di essere reperibile; addirittura rispose a Lorenzo dicendo che se voleva continuare a lavorare con loro/lui, l’editor non avrei più potuto essere io.
“Lorenzo, fai come credi”, dissi io. “Ma quanti libri ti ha distribuito? A quanto ammontano le tue royalties, finora?”
“Otto euro”, fu la risposta.
Ricapitolando: Lorenzo aveva scritto tre libri, li aveva pubblicati con un editore che non aveva fornito neppure il servizio di editor, aveva dovuto pagare da contratto la stampa di un certo quantitativo di copie per l’autore che alla fine erano risultate il suo unico provento.
“Lorenzo, facciamo che io ti faccio un conto su Amazon e un qualsiasi altro print on demand e vediamo se ci risparmi qualcosa?”
Verificò. Subito dopo fondammo il Sodalizio Wordsmith, all’interno del cui statuto stabilimmo reciproci e onesti pagamenti.

Fatta breve: il terzo volume è uscito con il logo del Sodalizio Wordsmith; la stampa delle copie per l’autore è facoltativa, la distribuzione è mondiale, e soprattutto il costo della stampa è meno della metà di quella dell’editore “tradizionale”, che oltretutto fissava un numero di copie minimo che, beh, di minimo aveva poco.
Il libro finito costa adesso, a parità di guadagno di Lorenzo e comprese le mie royalties, tre euro in meno. Però adesso lo distribuiscono davvero.
Ovviamente non siamo tornati indietro. Non l’avremmo potuto fare nemmeno volendo: il sedicente editore ha ostracizzato Lorenzo anche per i progetti che avevano già in essere, facendogli terra bruciata intorno con gli altri autori, fosse mai che capissero che restavano ad avere a che fare con un cosiddetto “Vanity”, la figura dell’editore a proprie spese descritta da Eco già ne “Il pendolo di Foucalt”.

Io, inoltre, per aver denunciato una di queste figure su un gruppo pubblico mi sono preso delle recensioni negative gratuite e anonime ai miei libri, ma non importa, lo ribadisco:

se l’editore vi chiede dei soldi per la stampa delle copie
oppure
se vi chiede di prevendere, che so, cento copie in crowdfunding,

NON È UN EDITORE, È UNA TIPOGRAFIA!

Un editore non vi chiede soldi. L’editore magari stampa un libro in meno, ma punta su libri dei quali sa che “rientrerà”.
Vi fornirà dei servizi: copertina, impaginazione, editing, proofreading, distribuzione e non so che altro, e non ve li farà pagare.

Magari poco se è piccolo o se siete del tutto emergenti, ma un editore PAGA VOI.

All’ultima fiera siamo stati contattati dall’autore di un saggio da novecento pagine al quale l'”editore” aveva chiesto non so quanti mila euro per l’obbligo d’acquisto di un numero ridicolo di copie.
Ovviamente l’abbiamo messo in guardia, ci siamo subito e onestamente dichiarati non in grado di affrontare, come Sodalizio, la revisione di un tomo del genere, con l’avvertenza: “se vuole davvero avere il saggio sul tavolino e regalarlo agli amici, il modo più economico è la pubblicazione on demand. E poi, se qualcuno lo vedesse in vetrina Amazon, lo può comunque acquistare online”.
Abbiamo detto che abbiamo tutti i contatti necessari per revisione*, impaginazione, copertine**, ma che il Sodalizio non è un editore, di nessun tipo.
Un’altra volta ho contrattato una revisione di un romanzo già scritto dicendo “guarda, la prima lettura te la faccio gratis; se è il caso di metterci le mani te lo dico, se no è inutile che te lo faccia riscrivere da capo”. Mi pareva onesto non chiedere soldi a prescindere, ecco. Nel caso, benvenuti nel Sodalizio: ci lavoriamo solo se ci crediamo.

E qui facciamo basta con “quello che non dovete fare per non farvi infinocchiare”, passiamo a quello che potete fare per pubblicare se per un motivo o per l’altro un editore non è venuto a cercarvi per farvi pubblicare il manuale di come parlare in corsivo, le vostre barzellette di Colorado, i migliori post del vostro blog di cucina oppure per far pari col professore universitario vostro amico che ha scritto una prefazione a uno dei casi precedenti.
Non posso nemmeno dar torto a uno che punta sui soldi facili e assicurati, è solo triste che salvo rarissimi casi, in Italia si pubblichino pochissimi esordienti che non abbiano appoggi mediatici o di conoscenze. Se siete di quelli selezionati da un grande editore e mi state leggendo, non sto parlando di voi, ovviamente.

Per tutti gli altri, l’edizione in proprio ormai è assicurata dai servizi di autopubblicazione e Print On Demand, “stampa a richiesta”.
Lulu e simili il Print on Demand lo fanno da almeno vent’anni, ma tocca fare i conti e parlare del top player: Amazon KDP.

Avete un manoscritto che volete pubblicare?
Perfetto, una volta che vi sarete assicurati un servizio di editing e correzione di bozze (fondamentali: io e Lorenzo ci facciamo l’un l’altro delle critiche ferocissime su grafie, uso dei termini, sviluppo di trame e personaggi, lessico dei medesimi, plausibilità dell’ambientazione e in generale su tutta la fruibilità del contenuto)*
dovrete fornire ad Amazon un file impaginato e una copertina.
Se non avete un grafico di fiducia** Amazon stessa fornisce un tool di costruzione della copertina che fornisce dei risultati più che dignitosi. Certo, visto che la copertina è la prima cosa che un lettore vede, vale sempre un piccolo investimento.

Nota fondamentale: il paragrafo qua sopra esprime in dieci righe un lavoro pesantissimo, fatto di continue riletture e riscritture, aggiustaggi millimetrici, impietosi tagli e faticosi riempimenti, ricerca e mediazione, faticosi tentativi del grafico di far capire (a noi che del suo campo capiamo ben poco) le sue scelte (che lui ha preso forte di anni di esperienza). Vogliate bene ai grafici che vi vogliono abbastanza bene da non prendervi a pugni dopo tre mail avanti e indietro di correzioni e domande.
Vogliate bene anche al vostro editor che vi dice “Ma questo personaggio deve per forza parlare così?” solo dopo aver letto la seicentesima pagina del romanzo in cui detto personaggio compare per cinquecento.
Vogliate bene anche a voi stessi: il dirvi “MA CHE CAVOLO HO SCRITTO? ERO UBRIACO?” tre mesi dopo la stesura di un pezzo che allora avevate accolto come la vostra futura consacrazione al pantheon degli scrittori più talentuosi non è solo normale, è un passaggio costante e fondamentale.
Poi, beh, dico sempre che i libri sono come le scoregge: a noi, le nostre, non fanno poi tanto schifo.

Ma torniamo a KDP. Avete caricato il frutto delle vostre fatiche?
Decidete il prezzo e Amazon dopo qualche ora mette a disposizione il vostro libro in tutto il mondo.
Se volete delle copie per l’autore potete ordinarle al costo di stampa più, ahimè, la spedizione, ma NON SIETE OBBLIGATI: potete mettere online il vostro libro cartaceo o il vostro ebook e dimenticarvene fino al momento in cui Amazon verserà delle royalties sul vostro conto.
Cosa manca? Un vero controllo, una vera selezione, una vera promozione… tutte cose che un vanity editor non vi darebbe comunque, e che dovrete fornirvi da soli. Di contro, non ci sono altri intermediari da pagare tra la tipografia vera e propria e voi.


Non voglio affrontare il lato culturale della questione, della possibilità per chiunque di diffondere il proprio sapere (anche perché ai primi posti del MIO genere trovo sempre e solo romanzi porno), ma la sola possibilità numerica, di inventario, di leggere autori che altrimenti resterebbero ignoti è fantastica. È grazie a KDP che sono arrivato a leggere Borgogni, Broccolino, Girola e non so quanti altri autori.

Aggiungo un paio di link di gente che i meccanismi dell’autopubblicazione li spiega meglio di me perché c’è “nel mezzo” da anni.

– Libroza, in Podcast e su Youtube
– L’ottimo manuale di Alessandro Girola, a metà tra il motivazionale e il social media management. Soprattutto, sono amare risate.


Adesso che sapete quanto lavoro e quanta passione ci mette un indipendente… vogliate ancora un po’ più di bene a quei disgraziati che alle fiere (o online) espongono orgogliosi il frutto del loro lavoro:
hanno già sofferto tanto 😉








*se volete assicurarvi i nostri servizi o, meglio, entrare a far parte del Sodalizio contattateci, più siamo più ci si diverte.
** non tutti sono fortunati come noi. Abbiamo dei grafici coi contropezzi. Contatti in privato, tanto non ci guadagniamo altro che il piacere di far lavorare gente brava.

(Foto di hannah grace su Unsplash )

Ma cosa cavolo ho scritto?

Aggiungo anche qua una cosa che ho scritto, esposto e discusso in più sedi.
Sono pronto alla discussione 🙂


Forse (quasi certamente, ho avvelenato la vita a tutti) sapete che a giugno sono stato ospite e relatore al Bologna Nerd Show e anche al Modena Nerd.
Cosa avevo da dire, di abbastanza nerd e abbastanza interessante? Come al solito, ho parlato dei miei problemi di nerd ultrapignolo.

L’anno scorso di questi tempi stavo prendendo le misure dell’autopubblicazione con Amazon KDP per Inaspettatamente. Una delle caselle che ti fanno scegliere è, grossomodo, “genere”.
Ho dapprima riempito senza esitare con “Fantascienza”, poi sono iniziati i dubbi: molti dei miei racconti non hanno scienza vera e propria a caratterizzarli, ma solo un elemento anomalo. Ho scritto pure del fantasy, pare.
E allora? Allora, per non raccontare bugie (oltre a quelle necessarie alla narrazione: chi racconta storie come facciamo noi del Sodalizio racconta quasi solo bugie plausibili) ho cominciato a vagare da un link all’altro alla ricerca di definizioni precise.
Non che mi cambiasse la vita; soprattutto non la cambierà a voi, che mi abbiate letto o no, sapere a quali generi appartengono, secondo autorevoli pareri di persone più famose e precise di me, Star Trek, Star Wars o Alien.
Io ero convinto fossero diversi “sapori” di fantascienza, e invece… quasi no.

Ma andiamo per ordine. Vi faccio subito un quesito, così, per stabilire un principio:

Che film è quello che segue?
C’è l’orfano che vive con lo zio a cui piove dal cielo qualcosa che gli cambierà la vita, perché è un predestinato dalla nascita. Questo qualcosa gli è stato mandato da una principessa biancovestita e dalle acconciature improbabili, prigioniera di un tiranno il cui caposgherro uccide i sottoposti con l’ausilio di arti similmagiche non appena questi lo deludono. A due passi dal biondo orfano prescelto vive quello che diverrà per lui un maestro di vita, ex cavaliere, utilizzatore della stessa forza soprannaturale del caposgherro.
Ovviamente, il ragazzino sarà uno “spontaneo” della suddetta arte, roba che il marronevestito e filosofeggiante mentore, ex-compagno del cattivo traditore degli amici e de’ compagni d’arme (tiobonino, è colpa sua e del suo tradimento se l’ordine di Cavalieri è stato annientato) si stupisce .
Mentre il biondo e la roba piovuta dal cielo mandata dalla principessa cercano il mentore, al biondo gli ammazzan lo “Ziiooooooooooh!” e la casetta sua finisce in fiamme; il mentore muore a metà del primo film, ammazzato dal caposgherro mentre il biondo e tutti l’amichetti suoi portan via la principessa infiltrandosi  nella roccaforte con un travestimento banalissimo.
Il clou delll’opera è la battagli, in cui il Biondo fa fuori in un duello aereo tra strettoie e similcanyon il caposgherro ma, colpo di scena, il nemico principale non è battuto.

Va bene, qui il plagio è piuttosto evidente (l’ha fatto un quindicenne, dopotutto), ma ci serve per far capire che tra Eragon e Guerre Stellari ep. IVla differenza non è la trama. Quindi i casi sono due: o non è la trama che definisce il genere, che fa la differenza tra Fantasy e Fantascienza oppure le due opere appertengono allo stesso genere.

La seconda che ho detto. Quasi.

Prendiamo la definizione di Fantascienza. Anzi, prendiamone tre.
“Le storie di fantascienza sono viaggi straordinari verso uno o infiniti futuri possibili”. – Isaac Asimov
“La fantascienza è una forma di narrativa fantastica che sfrutta le potenzialità creative della scienza moderna.” – David Pringle
“La fantascienza è qualsiasi cosa venga pubblicato come fantascienza.” – Norman Spinrad

Quindi, secondo Spinrad (pure non esattamente l’ultimo cretino), se pubblicano Eragon su Urania questo diventa fantascienza. Possiamo supporre che Spinrad si fosse rotto le scatole di giustificare un editore che accettava un po’ troppi generi in una collana che magari si chiamava “Hard Sci-Fi”? Possiamo. Io lo faccio; secondo me la definizione più stretta di Fantascienza è quella di Pringle: come ne L’uomo invisibile, La macchina del tempo, Matrix o Frankenstein (sì, pure, ma faremo dopo i necessari distinguo) si introducono delle tecnologie al momento della scrittura non presenti ma teoricamente possibili (un farmaco per l’invisibilità, una macchina del tempo, la Matrice, una tecnica di rianimazione dei cadaveri) e se ne narrano le conseguenze. Frankestein-romanzo è molto meno horror dei vari film, è un Romanzo Gotico (genere a sé stante) considerato uno dei capostipiti della Fantascienza, il cui protagonista non è una bestia senza cervello che uccide a casaccio come nei film, ma il rapporto tra creatore e creatura. Per brevità: il Romanzo Gotico è un genere narrativo sviluppatosi dalla seconda metà del Settecento e caratterizzato dall’unione di elementi romantici e dell’Orrore. L’Orrore può essere determinato da diversi timori dei protagonisti o del lettore: non solo quello fisico della morte o della violenza, ma anche quello più morale della perversione delle leggi naturali.
Ma torniamo a noi. “Scienza ce ne è, in Guerre Stellari”, dirà qualcuno. Sì, ma molto poca, e di solito non sono tecnologie che portano a ripercussioni morali/etiche/sociali sulla trama. Mi viene in mente solo la razza di animali enormi che sono impervi alle spade laser che, alla scoperta della loro qualità, innescano una discussione sul loro futuro. Un episodio. Uno. Ma probabilmente ce ne sono altri, diciamo che non è una linea narrativa determinante.
“Allora neppure Star Trek”, ribatterà qualcun altro. Infatti, anche qui, “quasi”, però.
A parte qualche episodio in cui viene introdotta, che so, una nuova tipologia di propulsione o di arma e ne vengono analizzati gli effetti (di solito negativi), anche Star Trek è molto poco Fantascienza. Nonostante quasi tutte le innovazioni presenti siano POSSIBILI scientificamente (compreso il viaggio più veloce della luce e escluso per ora solo il teletrasporto, maledetto Heisenberg!), pochissime di esse sono funzionali alla trama invece che all’ambientazione. E allora che genere è? I puristi direbbero Space Opera o Planetary Romance, a seconda dell’episodio e della serie: praticamente diversi sapori di Western, dove si difende un fortino, si esplora la frontiera oppure si combatte tra eserciti. Per amore di completezza, facciamo un excursus, visto che a me Star Trek piace, e tanto, e ho voluto inquadrarlo a modo.
Sia la Space Opera che il Planetary Romance presentano avventure con ambientazioni che definire esotiche è dir poco, ma mentre il planetary romance è focalizzato sul mondo alieno, ed è quindi più stanziale e incentrato anche su rapporti romantici e sentimentali, la Space Opera è “fantascienza avventurosa colorita, drammatica su larga scala, scritta con competenza e talvolta bene, di solito incentrata su un simpatico personaggio e su una trama d’azione eroica, frequentemente ambientata in un futuro relativamente lontano e nello spazio o su altri mondi, tipicamente in tono ottimista. Spesso tratta di guerra, pirateria, virtù militari e molta azione su larga scala, grandi rischi”. L”Opera” nel genere è volutamente dispregiativo, la paragona alle Soap Opera, anche se la Space Opera si sovrappone alla Fantascienza Militare, concentrandosi su battaglie spaziali su larga scala con armi avveniristiche, ma la distinzione chiave della Space Opera dalla Fantascienza Militare è che il personaggio principale in una Space Opera non fa parte del personale militare, ma civile o paramilitare. La fantascienza militare inoltre non include necessariamente un’ambientazione come lo spazio esterno o gli altri pianeti come la Space Opera. La saga della Guerra contro gli Chtorr di Gerrold, ad esempio, è tutta sulla Terra ma con personaggi che sono a diverso titolo inquadrati nell’esercito. I protagonisti di Star Trek combattono all’occorrenza ma la Federazione non è un corpo perfettamente militare.
Una cosa sola abbiamo appurato, quindi: i sottogeneri della Fantascienza (chiamiamola così, per ora, anche se è molto impreciso, vi porterò più tardi alla mia conclusione, personalissima e opinabile) si sovrappongono, si mischiano e talvolta si negano l’uno con l’altro.

“Allora”, direte voi, di nuovo, “Star Wars è Space Opera: ci sono le battaglie, ci sono gli Imperi, ci sono gli eserciti e la parte sentimentale è presente ma limitata.”
“Nì”, rispondo io, “Quasi ma non del tutto”.

Il problema è la Forza. Ci hanno provato a darle una spiegazione scientifica, ma poi l’hanno rinnegata: al momento la Forza è un espediente di trama che si comporta in tutto e per tutto come la magia… e la magia comporta l’appartenenza al Fantasy. Niente contro i poteri mentali, la telecinesi o la telepatia, dipende come li giustifichi. King, per dire uno degli intergenere letterari più famoso, giustifica sia Carrie che L’incendiaria con anomalie genetiche o fisiche, poteri latenti ma fisici e misurabili; di contro, Il giglio nerodella Bradley è un romanzo Fantasy… ma poi si scopre che le magie più grandi e potenti sono tecnologie (computer, armi biologiche) rimaste da un lontano passato. È ancora Fantasy? Sì, secondo me, perché non è solo la scienza presente o meno, ma il come viene considerata, che definisce il genere. Se non se ne conosce e non se ne cerca origine o spiegazione una tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia (come diceva Clarke), e se come tale viene trattata È magia. Un altro esempio: tutta la Torre Nera di King.
E se la magia, invece, viene trattata come una scienza? Magicians o Harry Pottersono Fantasy, c’è poco da fare. La definizione esatta di Fantasy secondo Wikipedia sarebbe “in un’opera fantascientifica gli eventi immaginari sono presentati come gli esiti possibilidi una scienza esatta o molle, mentre le situazioni del fantasy sono frutto di leggi naturali e discipline completamente fittizie; l’ibridazione fra i due generi è comunque possibile ed è classificata come science fantasy.”
Non importa che la scienza venga spiegata, di contro. Basta solo inquadrare l’innovazione come tale e plausibile: i miei racconti “Un esercito di un solo uomo” e “AI-19” introducono il viaggio nel tempo e le Intelligenze Artificiali, ma trattano delle loro applicazioni. Anche “L’orologio del nonno” spiega poco l’origine dell’anomalia, ma, beh, si capisce che non è magia, vero?

L’altro titolo che avevo citato era Alien. Basta l’astronave a farlo diventare Fantascienza? Oppure è un Horror con ambientazione fantascientifica? Proviamo a sostituire all’astronave un sotterraneo, e allo xenomorfo un cannibale: funziona lo stesso, lo spazio non è fondamentale alla trama. Quindi di fantascienza c’è solo l’ambientazione; di più, secondo alcune definizioni (ve l’ho detto, quelli che amano le etichette raramente sono d’accordo) si tratta di un Horror solo perché l’equipaggio della Nostromo è inseguito da un “mostro”. Fosse stato un criminale si sarebbe trattato di un Thriller. Ora, va da sé che secondo questa distinzione della saga di Venerdì 13 il primo è un Thriller e si parla di Horror solo quando Jason diventa non un ragazzo disturbato ma un’entità maligna; Halloween attribuisce a Myers la sua imbattibilità alla sua malattia mentale, almeno all’inizio, e quindi sempre di Thriller si parla. “Raccontami tutto” lo possiamo mettere in questo genere. Credo. Nightmare on Elm Street, almeno, chiarisce subito che Freddy Kruger è un essere soprannaturale, e quindi è Horror dal primo capitolo.

Già, l’Horror. La definizione di poco fa prosegue con “Analoga distinzione sussiste fra fantasye horror: anche la narrativa dell’orrore si basa su elementi sovrannaturali, ma li presenta necessariamente come violazioni perturbanti delle leggi di natura, laddove il fantasypresenta la magia come parte integrante di un ordine naturale distinto e separato da quello reale; anche in questo caso l’ibridazione è possibile ed è definita dark fantasy.”.
Qui la parola chiave è “perturbanti”. L’Esorcistao Final Destination presentano due “leggi di natura” (il demone sta a casa sua, il giorno della tua morte è già scritto) non scientifiche che, se violate, portano a eventi terribili e, appunto, perturbanti. Per chiarire meglio il concetto di magia perturbante, facciamo l’esempio di Wishmaster in cui un genio soddisfa i desideri di chi lo incontra… e non finisce proprio bene per nessuno.

Torniamo a quello che scrive il Cicali. L’Horror di Inaspettatamente o Probabilmente non coinvolge mostri, di sangue se ne versa poco, è più un Horror del soprannaturale… del fantastico. Non tutti i racconti sono incentrati su nuove tecnologie, pure, e quindi non sono proprio Fantascienza speculativa. Vediamo se c’è un genere comune in cui inserire, che so, L’orologio del nonno, Siamo tutti uguali e Milio.

Dice sempre Wikipedia: “Fantastico: rappresentazione di elementi e situazioni immaginarie che esulano dall’esperienza quotidiana, straordinarie, che si ritiene non si verifichino nella realtà comunemente sperimentata. Tra gli elementi che possono definire una situazione fantastica vi è l’intervento del soprannaturale o del meraviglioso (…) Nel vasto ambito del fantastico si possono raggruppare un’ampia schiera di sottogeneri differenti, tra i quali il fantasy, la fantascienza, il gotico e l’orrore.”
Tombola. Abbiamo trovato il genere in cui incasellare buona parte di tutti i racconti NON di Hard Sci-Fi e NON Fantasy.
Fantastico, quindi. C’era bisogno di tanta capillarità? Forse no, ma ditelo ad Amazon. Però abbiamo inquadrato Bookcrossing, 4 donne il 27 febbraio e Il cortile, no?

Già che siamo a dire cosa non è cosa, allarghiamo il discorso e vediamo di chiarire.
Si attribuiscono alla Fantascienza tutte le opere di Verne, anche quelle che sono basati sulla scienza dell’epoca. Ad esempio, Viaggio al centro della Terra o Dalla Terra alla Luna sono viaggi fantastici; basato su una invenzione è invece, ad esempio, Ventimila leghe sotto i mari. Lana caprina, direte voi, giustamente, ma se non si fa questa distinzione diviene Fantascienza anche il viaggio sulla Luna di Luciano di Samosata, di Cyrano oppure quello per recuperare il senno di Orlando. O il Mahābhārata, che come la storia di Urashima Taro, comporta pure un viaggio nel tempo.
E come non bastano i viaggi spaziali, non basta ambientare nel futuro: l’Apocalisse di Giovanni non è Fantascienza, per motivi molto evidenti ma la cui esposizione potrebbe urtare i più suscettibili.

Il Cyberpunk è fantascienza? Porco cane sì. Forse il più attillato dei generi alla definizione di Fantascienza: i protagonisti sono le nuove te tecnologie e le loro ripercussioni. Talvolta fanno solo da ambientazione (guardate Nathan Never, che è troppo spesso un noir o un poliziesco con le auto volanti) ma nei lavori che hanno fatto la storia sono fonte di riflessione.

Siamo qui, completiamo la carrellata tra i sottogeneri di fantastico e fantascienza tra più in voga (no, non vi parlerò delle Edisonate, che hanno il solo pregio di smentire che gli YA sono una invenzione recente) chiarendo la differenza tra Distopia e Ucronia.
Qual è la differenza tra Vangelo secondo Maria di Magdala e I giardinieri?
Nel primo un fatto (quasi)storico è accaduto diversamente nel passato –ed è ininfluente che le sue ripercussioni siano positive o negative), nel secondo succederà qualcosa che porterà a una società repressiva e violenta.
L’ucronia, una storia alternativa basata su “E se invece…?” non è un genere nuovo, già Tito Livio nell’opera Ab Urbe condita contemplava la possibilità che Alessandro Magno avesse sviluppato il regno macedone dirigendosi verso ovest anziché verso est. Al giorno d’oggi è particolarmente gettonato, di qua e di là dall’Atlantico, un diverso esito della battaglia di Gettysburg. Vorrei anche segnalarvi l’ucronia Fantasy Motherland, in cui il processo di Salem ha condotto a un’ascesa al potere da parte delle streghe. Ah, nove decimi se non di più dello steampunk sono Ucronia.
Il mio I giardinieri, Ken il guerriero, Mad Max, 1984 e Il racconto dell’ancella rappresentano una società nel presente o nell’immediato futuro oppressiva e/o violenta. Per via delle infinite sfumature di “opprimente”, questo elenco potrebbe essere lunghissimo, da Kyashan a Robocop, Hunger games

Ecco, dopo quattro cartelle di lana caprina su frasi prese da Wikipedia vorrei aprire la discussione, perché è sempre bello venire smentito a ragione: secondo voi si possono “limare” queste definizioni? Ad esempio, Blade Runner è in un genere diverso dal romanzo da cui è tratto? 1997 fuga da New York è un thriller? Ci sono film che secondo voi ho mal classificato?




If This Than That

Quant’era che non parlavo di un servizio internet o di un gadget?
Dai tempi di Second Life (abbandonata solo perchè mi soddisfa molto di più la first, da un bel po’), perlomeno.

Okay, oggi devo esprimere tutti i miei “wow” per un servizio che ho scoperto da un annetto ma che uso a modino solo da un paio di mesi:

IFTTT.COM

Già il motto ben promette: “Put the internet to work for you”, “Fai lavorare Internet per te”. È quello che fa: interfaccia diversi servizi internet di uso comune, da Facebook a WordPress a Dropbox, e pure un ottimo servizio SMS -per ora; in USA funziona anche il servizio chiamata, che legge anche testi-.

Con una interfaccia di immediata comprensione, consente di creare delle “recipes”, ricette, che leghino un servizio all’altro secondo delle regole scelte di volta in volta da menù -niente programmazione o codice, per intenderci, al contrario di un altro servizio, più flessibile ma più complicato, Paraimpu*– e pure di condividerle.

Faccio un po’ di esempi: io ho creato delle ricette che
IF THIS: esce un RSS di un torrent di telefilm che seguo THAN THAT: mi manda un SMS.
oppure
IF THIS: è il tramonto THAN THAT: mi manda un SMS coi dati del tempo odierno e le previsioni per domani.
oppure
IF THIS: pubblico un post su WordPress THAN THAT: pubblica su Twitter e Facebook.
oppure ancora
IF THIS: esce una nuova tavola di Zerocalcare THAN THAT: me la manda in mail.
o ancora
IF THIS: mando una mail, anche da cellulare, con tag #spese a un dato indirizzo THAN THAT: aggiunge una riga a un foglio spese excel in Google Drive rispettando la formattazione da me specificata.

Posso andare avanti per 35 ricette. Solo 35 perchè non uso tutti i servizi -i canali- che questa macchinetta mette a disposizione.
Davvero, non se ne esce vivi: al momento sono 50 “trigger”, azioni/eventi riconosciuti, da App.net a Youtube -senza dimenticare dei trigger non internet quali data/ora, meteo, domotica e SMS**- e 53 canali con almeno due o tre azioni in uscita cadauno.
Fate voi i conti di quante combinazioni sono possibili, senza contare che ogni tre per due viene aggiunto un nuovo canale (vabbè, di contro Twitter si è tolto dai trigger, per esser sicuro di generarsi traffico umano. Poveri).

Insomma, giocateci un po’.
Da quando ci smanaccio con un po’ di attenzione, il mio cellulare è diventato un hub di servizi net-related, e anche non, visto che mi avvisa se l’indomani sarà troppo caldo o troppo freddo, o se si aspetta pioggia, mi avvisa di compleanni e -ahem- nuovi torrents disponibili.

E un’altra cosa, secondo me fondamentale: ‘sta gente risponde alle mail di richiesta supporto in tempi brevi, cortesemente e competentemente. E ti ringraziano per il feedback.
Lo stesso Paraimpu, ed entrambi hanno capito che non sono solo i bit che fanno grande un servizio, ma anche la gente che ci sta dietro.

.
.
.
.
.
.
.

* Paraimpu consente di utilizzare il Karotz (se non sapete cos’è non siete davvero nerd, e questo post vi ha solo annoiato) come attuatore. C’ha di ottimo che gestisce roba tipo sensori ambientali, smart-TV, Arduino e Netduino, quindi l’unico limite (altrui) è la fantasia. Il mio è la competenza.
** Fatemi sapere se a voi riconosce i tag

Consigli ai viaggiatori 6

– Appena sbarcati in Ispagna, non fatevi riconoscere inscenando con l’hostess di terra che vi indirizza al recupero bagagli un dialogo del tipo
“Adelante a la esquierda y despues entra a la mallena”*
“Eeeeh, Macarena!”

– A Llanes c’è un ufficio del turismo per raggiungere il quale le indicazioni vi fanno zigzagare attraverso la città passando davanti a TUTTE le attrazioni turistiche, rendendolo così inutile. Non stupitevi quindi se è aperto solo dalle 11 alle 12 e dalle 19 alle 22. Sono le ore migliori per le gymkane.

– Gli orari. In Ispagna del Nord, sono a favore del lavoratore. Dalle 11 alle 15, ora di pranzo. Poi si riapre verso le 18 e si chiude verso le 22, ora di cena. Grossomodo. Voi ovviamente vi scontrerete spesso con porte chiuse. Ah, la domenica chiudono pure gli ospedali, regolatevi.

– Gijon vive controvento, e sopravento rispetto alle peraltro numerose fontane. Pertanto gli autoctoni si distinguono dai turisti poichè i primi camminano e vivono col baricentro spostato in avanti, i secondi sono bagnati fradici anche nei giorni più asciutti.

– La Spagna del Nord è la patria del sidro, del cibo piccante -patatas bravas, ’nuff said-, dei formaggi stagionati, del cioccolato artigianale: bentornati brufoli, era tanto che non ci si vedeva.

– La Spagna del Nord è la patria del sidro, del cibo piccante -patatas bravas, ’nuff said-, dei formaggi stagionati, del cioccolato artigianale: bentornate emorroidi, era troppo poco che non ci si vedeva.

– Nel primo ristorante in cui vi offriranno un’insalata mista invece dell’ennesima frittata o salsiccia piccante, detta insalata sarà annegata nell’aceto. Alla domanda “Ma è sempre così?” vi risponderanno solo “Descansiado”, che è una supercazzola locale. Ma voi mangerete tutto lo stesso.

– In spiaggia, non conta un accidente la lingua diversa: “Sono fiiiiinte!”, come nella pubblicità delle Frisk, lo capiscono uguale.

– A Bilbao aiuta aver giocato a poker. Non ridere in faccia alla gente quando snocciola toponimi come Zubibidea, Zubizuri o Santuzzu richiede un certo autocontrollo.

– Le succitate tortillas: non troppo inaspettatamente, la ricetta della frittata cambia da una città all’altra. Si va da “Come la fa la mia mamma” di Santillana del Mar a “Cos’è ‘sta cosa ributtante?” di Burgos.

Infine, il consiglio più importante:
– Parigi: no, che è piena di francesi.

.
.
*O qualcosa del genere. Non parlo bene lo straniero.

Vi state chiedendo come mai…

…non scriva più il mio racconto a puntate?

Lo sto ancora scrivendo.
Mi sto documentando; non voglio che sia un trattato, ma vorrei evitare sfondoni spaventosi.
Sto studiando scrittura creativa.
Ho scaricato l’ottimo yWriter5 per la stesura di testi, e ho convertito tutto quello che ho scritto finora, trovandoci errori e buchi, che sto correggendo e riempiendo.

Pazientate. Sto lavorando per me come per voi, miei quattro lettori.

3×13

No, non è una puntata di BTVS, TBBT o di Fringe.

E’ che tre per tredici, due numeri primi -oh, è l’unica corrispondenza che riesco a trovare- è la mia età da oggi alle 15 grossomodo.

E quest’anno quali mete ho raggiunto? Boh, nulla da sventolare, a parte un anno con la Figlioluccia senza strepiti, lacrime, o attriti. E non mi pare poco.

Con gli amici ci stiamo allontanando come pezzi della Pangea infranta, lentamente ma costantemente -ed è così che funziona, dicono, diventare vecchi e maturi- ; il lavoro “l’è quel che l’è”, grazie anche a chi ce lo dovrebbe facilitare; ho dimostrato che se voglio posso perdere 10kg in quaranta giorni, e riprenderne tre in due giorni di torte con candeline; il mio wannabe romanzo piange in un angolo della mia testa, trascurato ma non dimenticato, perchè pensa che non gli voglia più bene, e invece sono solo un padre che torna tardi dal lavoro, e pure stanco.

Insomma, calma piatta, ma non bonaccia. E allora alla via così, verso la boa dell’anno prossimo.

Advanced managing

Una ricerca dell’Università di Catania ha vinto il premio IgNobel.
I ricercatori hanno dimostrato matematicamente che le aziende e le amministrazioni hanno in generale un principio di promozione inefficiente. Ovverosia: se hai un ottimo chirurgo, perchè promuoverlo a direttore sanitario? Ci rimetti un ottimo chirurgo, appunto, e non è detto che il soggetto abbia le competenze e le attitudini al nuovo incarico.  C’era una legge che diceva che “chiunque, in sufficiente tempo, verrà promosso al massimo livello di incompetenza”.
Poi, viste le promozioni clientelari e nepotistiche tipiche del costume italiano, il meccanismo è ancora falsato.

Cosa hanno inoltre dimostrato ‘sti tipi? Che le promozioni sarebbero più efficienti se fossero sorteggiate. Si, proprio estratte a caso.

Ma mi sa che questa cosa molte aziende l’hanno già capito.

Consigli per i viaggiatori -segue-

13) E’ inutile che facciate finta di essere Humbert Humbert. Tanto la figlia appena maggiorenne della tenutaria del B&B, sorella più bella di una finalista Miss Italia, occhi azzurri e pelle scura, studia per l’ammissione a medicina, non a lettere, e non capirà la citazione. E voi non insegnate francese.

14) Se siete detta tenutaria, continuate pure a piombare a sorpresa, con ancora le pieghe del cuscino sulla faccia, addosso agli ospiti mentre fanno colazione nel silenzio della casa. Le assicurazioni pagano anche le ferite inflitte con coltelli da burro.

15) Già che ci siete, negate pure che i mal di schiena di detti ospiti siano dovuti al letto morbido come un pan di spagna: sia mai che vi richiedano le spese del Voltaren. E la camera non odora di cacca di bimbo.

Consigli per i viaggiatori -segue-

10) Spiegate a chiunque che vostra moglie ?n changeling degli accenti, e che le vocali aperte che le scappano di tanto in tanto sono familiarità, non sfottò. CHIUNQUE.

11) Se in un ristorante c’è la policy del “niente comande scritte” e il cameriere, già con le mani e le braccia in posizioni da gangsta rapper per ricordarsi quello che hanno ordinato al tavolo da 20 (“treastici duerisotti seilinguine dueacque treastici duerisotti seilinguine dueacque…”) NON e ripeto NON chiedetegli “un caffè lungo”. Non solo non volete vedere come lo segna, ma vi arrestano pure tutti e due.

12) Quando entra nel ristorante in cui siete anche voi una panterona rossa di un metro e ottanta inguainata in un vestito nero molto corto e saluta sorridendo PROPRIO VOI, non montatevi la testa: è la vicina di B&B, che avete visto seduta in controluce mentre stendevate ad asciugare la tenda Togni che chiamate “costume”.

Consigli per i viaggiatori -segue-

7) Quando alla domanda “Quanto, per un ombrellone e due lettini?” vi rispondono “35 euro le prime due file, 25 le altre”, una buona risposta è “Torno quando sei sobrio, ok?”.

8 ) Adesso che state recuperando un colore epidermico che non rientra tra quelli usati dall’ANAS, potete pure addormentarvi pancia sotto, quasi del tutto all’ombra, e scottarvi la pianta dei piedi. Coglioni.

9) Se avete un concerto alle 21, presentarvi alle 23:45 con gli occhiali da sole e iniziare con una canzone nuova e orribile non vi farà benvolere dal pubblico. Capito, Baccini?

Consigli per i viaggiatori -segue-

4) Controllate sempre prima di sedervi se c’è la carta igienica. Quando chiedete alla sagoma femminile che passa davanti alla finestra “Ciccia, non c’è la carta, mi procuri un rotolo e me lo passi?” potreste capire solo dalla mano ossuta e inanellata che ve lo porge che quella a cui l’avete chiesta non era vostra moglie ma la tenutaria.

5) Quando osservate la vicina di ombrellone che si spalma la crema sul seno dedicandosi ad inturgidire i capezzoli, siate pronti a spiegare a vostra moglie che tutta quella attenzione è dovuta al fatto che non capite come mai abbia messo la protezione 20 sul capezzolo e la 40 sul resto, mentre voi avreste consigliato il contrario. Non aspettatevi comunque di essere creduti.

6) In seguito al consiglio numero 3, l’invertire le zone spalmate di crema con quelle tralasciate il giorno precedente “così si fa pari”, di nuovo, NON è una buona idea. Il passo successivo di questo ragionamento ?ngersi con la Diavolina e fare il giocoliere con le torcette.

Consigli per i viaggiatori

1) Quando in Sardegna ti chiedono “Su fastana Cagliari?” -o qualcosa del genere-, “POPPAAAAA!” non è una buona risposta.

2) Se una autoctona, per farti riconoscere una persona, te la descrive come “un piccoletto coi baffi” (testuale), nemmeno “grazie al cazzo!” è una buona risposta.

3) Quando vi spalmate la crema solare prima di otto ore di spiaggia, ricordatevi che anche la faccia e i polpacci sono roba vostra, volponi!

Tests

Ho sentito in un Moebius -trasmissione di Radio24- di un esperimento sulla solitudine riportato in un saggio di tal Cacioppo.

Han preso diverse persone e han detto loro “Dobbiam fare un esperimento, e vi dovete dividere in squadre. Per le squadre non le facciamo noi, le farete voi sulla base delle simpatie. Frequentatevi, conoscetevi, che poi vi chiederemo.”
Dopo qualche tempo hanno convocato un soggetto alla volta e gli han fatto compilare un modulo nel quale doveva indicare chi gli era rimasto simpatico e con chi voleva dunque andare in squadra.

Alla convocazione successiva, sempre individuale, alla met dei soggetti veniva detto “Beh, non sei simpatico a nessuno, nessuno ti ha segnalato, ma vabb, fallo da solo, questo esperimento” e veniva posto davanti un vassoio con diversi biscotti al cioccolato con la richiesta di esprimere un giudizio sulla bont di quest’ultimi.
All’altra met dei soggetti veniva detto “Cavolo, sei simpatico a tutti, ma non possiamo fare squadre troppo grandi… ti chiediamo quindi di fare l’esperimento da solo” e veniva quindi posto lo stesso vassoio e la stessa richiesta.

Risultato?
A quelli convinti di essere antipatici occorrevano una media di nove biscotti al cioccolato, per decidere se eran buoni o no. A quelli convinti di esser simpatici non ne son serviti pi di quattro.
Se ne dedotto che la sensazione della solitudine insorge immediatamente, e che la gratificazione del mangiare di pi, e soprattutto dolci, un meccanismo conseguente.

E’ un cane che si morde la coda: ti senti inadeguato, mangi, ingrassi, ti incattivisci, ti senti ancora pi inadeguato, mangi ancor di pi…

Adesso sapete, come l’ho saputo io, come mai dall’adolescenza in poi sono stato sovrappeso, essendo partito dall’essere un bimbo magrissimo.

E vaffanculo pure a tutti i canoni estetici da anoressici di questo mondo.