Una Favola

“Scrivi di me” chiese la bambina -che bambina era, ancora-
“Che cosa ti scrivo?” chiese il bambino -che bambino era, ancora-, orgoglioso e tronfio che una delle poche cose che gli riuscivano bene piacesse anche a lei.
“Una fiaba dove io sono la principessa”
Il tondo bambino annuì, e iniziò subito a riempire con la sua tonda calligrafia le pagine del taccuino.
Scrisse, una riga al giorno, due righe, un paragrafo, mezza pagina, poche parole, ma ogni giorno.
“E’ finita la fiaba?” chiedeva lei.
“Non ancora” rispondeva lui. Ed era vero.
Presto la bambina dimenticò.
Ma il bambino -che ormai più bambino non era- continuò.
E continuò.
Scrisse della principessa e delle sue avventure.
Prima furono risa e cavalli e fiori e fate, poi furono gli amori della ragazza -che ormai ragazza era- e di principi che anelavano alla sua mano.
Scrisse di ogni principe che visse accanto alla ragazza, fosse per un giorno o per un anno.
L’uomo -che ormai uomo era diventato- scrisse anche, sui suoi taccuini, di quando lei si sposò, e di come divenne regina, e dei principini che diede al re.
Scrisse anche di quando la regina divenne vedova, e scrisse.
Poi, un giorno, con una grande borsa piena di piccoli taccuini e di un amore tornato puro come quando aveva scritto le prime parole della storia, decise di far leggere la fiaba alla sua principessa.
E seppe dai figli di lei che aveva aspettato troppo, che la principessa aveva chiuso gli occhi per il suo sonno di mille anni; e figli della regina chiesero al vecchio -che altro non era, da quel giorno- se, avendola conosciuta da tanti anni, non potesse scrivere qualcosa sul marmo di lei.
E il vegliardo iniziò a raccontare.
“C’era una volta una principessa…”, iniziò.

…a lungo andare produce…