Tutto è preparato, preorganizzato.
Matrimonio dell’Ale e Marco alle 11:00.
Sarà alle 10:0 da Michele, alle 10:15 a S.Maria, parcheggiato: a quell’ora non ci sarà nessuno. Basterà uscire di casa alle 9:00.
Alle 9:00 sono sulla porta.
Vedo che piove.
Bestemmio, per legittima difesa, in risposta all’aggressione. Non c’è, ma se c’è �è bene che sappia cosa ne penso.
Dovro andare più lentamente, se voglio arrivare vivo e inincidentato, su quel doppio gran premio della montagna che è la strada da casa mia a Firenze.
Telefono a Michele per dirgli che sarò da lui alle 10:20.
Cellulare spento. Iniziamo bene.
Inoltre, l’occasione e il tempo mi spingono a indossare per la seconda volta in vita mia lo spolverino in pelle nera che ho comprato dieci anni fa e nascosto in fondo all’armadio da quando son diventato vegetariano e, soprattutto, da quando è uscito Matrix; in fin dei conti è passato qualche anno, Reeves nel frattempo si è vestito da prete in tre film, che vuoi che faccia battutine?
10:20 Michele mi saluta perplesso con “…e Trinity?”
10:55 Arriviamo mentre le campane già suonano, dopo aver parcheggiato a chilometri: nei pochi inuti di NON-arrivo tutti i posti son stati occupati da famiglie che son venuti in tre su tre macchine.
11:00 Il tipo -amico ormai da ott’anni- che settimana scorsa non mi ha invitato al suo matrimonio perché la moglie è stata una mia ragazza, mi si avventa premuroso e calorosissimo per stringermi la mano nel salutarmi. Si scusa di un’offesa che non ho accusato, evidentemente.
11:03 Antonio mi saluta con “Ciao, Neo”
11:10 Il prete ha evidentemente le palle girate di prima mane: in tono scazzifottente la prima cosa che dice è sul tono, se non nelle parole esatte di “Ora state in silenzio tutti, che si principia. Spengete i cellulari che di musica se ne ha già abbastanza, e vedete d’esser rispettosi”. Diciamo che è come se io mi presentassi al consiglio degli azionisti dell’azienda in cui sono impiegato e cominciassi a fare il grosso come se fossi l’amministratore delegato.
11:20 Un breve ma semiletale abbiocchino mi convince come al solito che il mio ateismo ha anche motivazioni fisiologiche. Esco dalla chiesa come un Sarutobi (trovandoci fuori i fumatori, ovviamente) e mi piombo nel vicino bar. Ho due euro salvavita in tasca -MAI tenere nulla nelle tasche dei vestiti “da messa”, che sembro deforme, anche solo col fazzoletto- e li uso per un caffè. Chiedo anche del bagno, prudentemente. “Su, sempre aperto”. Vero, è sempre aperto: manca la serratura. Un altro po’ e c’è la porta girevole.
11:45 Di fronte alla chiesa mi trovo con altri estimatori della Citroen del ’51 che ha accompagnato gli sposi. Comincio a discutere, come se me ne intendessi, di soluzioni tecniche e di design, sicurezza passiva, ricarrozzamenti, A.S.I., Tucker e Ford, aperture a gabbiano o a coltello.
12:00 Rientro appena in tempo per sentire il prete nominare la santa Molla – Beretta (avrà inventato la sicura?) e la beata Teresa di Calcutta (mi dissocio).
12:05 Il pre’ tira fuori la bella idea dell’applauso. Oddio, ormai si fa anche ai funerali, ma mi son davvero trattenuto a forza dall’urlare un ironico “NUDI!” e proporre la Ola.
12:20 Noto la tabella di pulizia della chiesa, con volontariato dei fedeli. Due persone per turno, due turni al giorno, sette giorni la settimana. Nemmeno sotto militare.
12:33 L’Ale e Marco firmano. Sono vecchio, come se fosse scritto come ultima riga sopra le loro firme “il Cicali è vecchio, In fede, Marco e Alessandra”
12:40 Il prete tira fuori un “nella Bibbia la pioggia è spesso una metafora della benedizione del Signore, per quello si dice ‘sposa bagnata, sposa fortunata’ “. A parte che a me di pioggia dal Signore, oltre alla manna -che proprio pioggia non era- e quella di fuoco su Gomorra, viene in mente solo il diluvio universale…. a’ pre’… vivevan nel deserto, mica a Scandicci!!!! qui di benedizioni se n’è avute già troppe, quest’anno…
12:45 Siamo fuori, io col riso in tasca e con le coccarde da attaccare alle auto in mano. La propongo a tutti, la propongo pure ad un tizio in collare bianco e crocifisso bizantino che mi risponde “Codesta dalla ad un altro”. Gli chiedo se in quella chiesa fanno corsi particolari per ordinati, per esser così simpatici.
12:47 Gli sposi, perché nemmeno un chicco di riso entri in chiesa, vengono spinti fuori dal prete, che pochi minuti dopo, impreca e bestemmia mentre butta fuori i musicisti rei di consumargli la luce -una abat-jour da lettura, credo intorno ai 3W- mentre smontano l’attrezzatura. Se non fossi già stato anticlericale, lo sarei diventato.
12:50 La sposa, da me baciata come da tradizione, mi dice “Guarda se ce la fai ad abbozzare un sorriso”. Come glielo spiego, che per me è una cosa seria?
Il rinfresco di nozze è in un posto in culo ai lupi ma bellissimo. Ovviamente, in cucina nessuno è stato avvertito che io e un’altra ragazza siamo vegetariani. Mangio un piatto di dubbie orecchiette, una bruschetta al pomodoro e un tortino ai porri del diametro di un anello insieme a quantità spropositate di vino e un piatto di patatine.
La ragazza non ha inquisito in cucina, le tocca arrangiarsi con la mucca viva da sbranare che viene portata agli altri commensali. Periodicamente un nonsobenechi evidentemente ben benzinato viene al nostro “tavolo dei singles” (chiamato Nettuno, con ogni probabilità in onore ai peraltro simpaticissimi tutori dell’ordine che costituiscono il 50% della tavolata), m’abbraccia e propone “voi che siete giovani” (sottintende ‘e avete il tempo di rifarvi una reputazione’) “fatelo un bell’applauso/coro da stadio/urlo/casino coi coperchi/ululato/battuta oscena”. Ciò che la dice lunga sul nostro stato etilico è il fatto che spesso viene accontentato.
Dopo esser sgattaiolato dietro un bancone ed aver rubato (confesso) un incustodito bicchierino di Averna, mi riaggrego alle chiacchiere, le danze, gli applausi alla sposa e le cagnate allo sposo che cantano.
Nulla di particolare, fino al saluto ai convitati (“Hai nascosto il canne mozze, sotto quel cappotto, Simone?”) e al ritorno a casa.
Riaccompagnati gli amici, col frontalino della radio dimenticato sul tavolo quando ho preso lo spolverino e quindi nel silenzio e nel buio delle colline, scatta lo spleen.
Nulla di nuovo, nulla di che. La nostalgia di cose non successe, la sensazione quasi fisica del tempo che passa. E adesso, mentre il mio impermeabile di pelle brucia in cortile, mi accorgo che lo sento perchè, volente o nolente, son cresciuto.