Alle volte i sogni!

Non posso di non essere stato avvisato.

Già mio padre, una venticinquina d’anni fa: “occhio Simone che l’acque chete rodono i ponti”.

Poi il sogno, il mio subconscio che m’ha spalmato sul viso quel che io non volevo vedere.

E vabbè.

Adesso mi rode, in nome di una “riservatezza” che in realtà è stato da parte di lei “tenere il piede in due scarpe”, aver mentito agli amici.

Mi son spiegato il come mai quando l’ho accompagnata al lavoro non voleva farmi vedere, come mai in centro camminava rasente i muri tantevolte passasse un/a colega: per poter continuare la sua caccia mentre teneva me nel carniere.

Grazie, spero ti sia divertita. Davvero. E in bocca al lupo a lui.

A tutti gli amici a cui ho raccontato balle, chiederò scusa di persona, visto che mi pesa troppo di più l’aver mentito per tener nascosto -e si capiva da quel che scrivo, vero?- che l’aver violato la ‘riervatezza’ verso una persona che se ne è approfittata. Almeno con i suddetti dovrò recuperare la mia faccia, e spero anche una stima.

Abbiate pazienza, io ci credevo.

Risultati

Finalmente, iersera ho stirato una camicia come si deve.

Jeans, e anche se è un’attenuante, mi ci son voluti lo stesso un bambino drogato e un clown asfissiato.

Mentre uno psicologo della polizia strangolava un gatto ho finito pure due paia di pantaloni.

 

Se non ci fosse la TV, credo che non stirerei proprio.

Finché morte non MI separi

Tutto è preparato, preorganizzato.

Matrimonio dell’Ale e Marco alle 11:00.

Sarà alle 10:0 da Michele, alle 10:15 a S.Maria, parcheggiato: a quell’ora non ci sarà nessuno. Basterà uscire di casa alle 9:00.

Alle 9:00 sono sulla porta.

Vedo che piove.

Bestemmio, per legittima difesa, in risposta all’aggressione. Non c’è, ma se c’è �è bene che sappia cosa ne penso.

Dovro andare più lentamente, se voglio arrivare vivo e inincidentato, su quel doppio gran premio della montagna che è la strada da casa mia a Firenze.

Telefono a Michele per dirgli che sarò da lui alle 10:20.

Cellulare spento. Iniziamo bene.

Inoltre, l’occasione e il tempo mi spingono a indossare per la seconda volta in vita mia lo spolverino in pelle nera che ho comprato dieci anni fa e nascosto in fondo all’armadio da quando son diventato vegetariano e, soprattutto, da quando è uscito Matrix; in fin dei conti è passato qualche anno, Reeves nel frattempo si è vestito da prete in tre film, che vuoi che faccia battutine?

10:20 Michele mi saluta perplesso con “…e Trinity?”

10:55 Arriviamo mentre le campane già suonano, dopo aver parcheggiato a chilometri: nei pochi inuti di NON-arrivo tutti i posti son stati occupati da famiglie che son venuti in tre su tre macchine.

11:00 Il tipo -amico ormai da ott’anni- che settimana scorsa non mi ha invitato al suo matrimonio perché la moglie è stata una mia ragazza, mi si avventa premuroso e calorosissimo per stringermi la mano nel salutarmi. Si scusa di un’offesa che non ho accusato, evidentemente.

11:03 Antonio mi saluta con “Ciao, Neo”

11:10 Il prete ha evidentemente le palle girate di prima mane: in tono scazzifottente la prima cosa che dice è sul tono, se non nelle parole esatte di “Ora state in silenzio tutti, che si principia. Spengete i cellulari che di musica se ne ha già abbastanza, e vedete d’esser rispettosi”. Diciamo che è come se io mi presentassi al consiglio degli azionisti dell’azienda in cui sono impiegato e cominciassi a fare il grosso come se fossi l’amministratore delegato.

11:20 Un breve ma semiletale abbiocchino mi convince come al solito che il mio ateismo ha anche motivazioni fisiologiche. Esco dalla chiesa come un Sarutobi (trovandoci fuori i fumatori, ovviamente) e mi piombo nel vicino bar. Ho due euro salvavita in tasca -MAI tenere nulla nelle tasche dei vestiti “da messa”, che sembro deforme, anche solo col fazzoletto- e li uso per un caffè. Chiedo anche del bagno, prudentemente. “Su, sempre aperto”. Vero, è sempre aperto: manca la serratura. Un altro po’ e c’è la porta girevole.

11:45 Di fronte alla chiesa mi trovo con altri estimatori della Citroen del ’51 che ha accompagnato gli sposi. Comincio a discutere, come se me ne intendessi, di soluzioni tecniche e di design, sicurezza passiva, ricarrozzamenti, A.S.I., Tucker e Ford, aperture a gabbiano o a coltello.

12:00 Rientro appena in tempo per sentire il prete nominare la santa Molla – Beretta (avrà inventato la sicura?) e la beata Teresa di Calcutta (mi dissocio).

12:05 Il pre’ tira fuori la bella idea dell’applauso. Oddio, ormai si fa anche ai funerali, ma mi son davvero trattenuto a forza dall’urlare un ironico “NUDI!” e proporre la Ola.

12:20 Noto la tabella di pulizia della chiesa, con volontariato dei fedeli. Due persone per turno, due turni al giorno, sette giorni la settimana. Nemmeno sotto militare.

12:33 L’Ale e Marco firmano. Sono vecchio, come se fosse scritto come ultima riga sopra le loro firme “il Cicali è vecchio, In fede, Marco e Alessandra”

12:40 Il prete tira fuori un “nella Bibbia la pioggia è spesso una metafora della benedizione del Signore, per quello si dice ‘sposa bagnata, sposa fortunata’ “. A parte che a me di pioggia dal Signore, oltre alla manna -che proprio pioggia non era- e quella di fuoco su Gomorra, viene in mente solo il diluvio universale…. a’ pre’… vivevan nel deserto, mica a Scandicci!!!! qui di benedizioni se n’è avute già troppe, quest’anno…

12:45 Siamo fuori, io col riso in tasca e con le coccarde da attaccare alle auto in mano. La propongo a tutti, la propongo pure ad un tizio in collare bianco e crocifisso bizantino che mi risponde “Codesta dalla ad un altro”. Gli chiedo se in quella chiesa fanno corsi particolari per ordinati, per esser così simpatici.

12:47 Gli sposi, perché nemmeno un chicco di riso entri in chiesa, vengono spinti fuori dal prete, che pochi minuti dopo, impreca e bestemmia mentre butta fuori i musicisti rei di consumargli la luce -una abat-jour da lettura, credo intorno ai 3W- mentre smontano l’attrezzatura. Se non fossi già stato anticlericale, lo sarei diventato.

12:50 La sposa, da me baciata come da tradizione, mi dice “Guarda se ce la fai ad abbozzare un sorriso”. Come glielo spiego, che per me è una cosa seria?

Il rinfresco di nozze è in un posto in culo ai lupi ma bellissimo. Ovviamente, in cucina nessuno è stato avvertito che io e un’altra ragazza siamo vegetariani. Mangio un piatto di dubbie orecchiette, una bruschetta al pomodoro e un tortino ai porri del diametro di un anello insieme a quantità spropositate di vino e un piatto di patatine.

La ragazza non ha inquisito in cucina, le tocca arrangiarsi con la mucca viva da sbranare che viene portata agli altri commensali. Periodicamente un nonsobenechi evidentemente ben benzinato viene al nostro “tavolo dei singles” (chiamato Nettuno, con ogni probabilità in onore ai peraltro simpaticissimi tutori dell’ordine che costituiscono il 50% della tavolata), m’abbraccia e propone “voi che siete giovani” (sottintende ‘e avete il tempo di rifarvi una reputazione’) “fatelo un bell’applauso/coro da stadio/urlo/casino coi coperchi/ululato/battuta oscena”. Ciò che la dice lunga sul nostro stato etilico è il fatto che spesso viene accontentato.

Dopo esser sgattaiolato dietro un bancone ed aver rubato (confesso) un incustodito bicchierino di Averna, mi riaggrego alle chiacchiere, le danze, gli applausi alla sposa e le cagnate allo sposo che cantano.

Nulla di particolare, fino al saluto ai convitati (“Hai nascosto il canne mozze, sotto quel cappotto, Simone?”) e al ritorno a casa.

Riaccompagnati gli amici, col frontalino della radio dimenticato sul tavolo quando ho preso lo spolverino e quindi nel silenzio e nel buio delle colline, scatta lo spleen.

Nulla di nuovo, nulla di che. La nostalgia di cose non successe, la sensazione quasi fisica del tempo che passa. E adesso, mentre il mio impermeabile di pelle brucia in cortile, mi accorgo che lo sento perchè, volente o nolente, son cresciuto.

Eroi 2

Eroi 2

Magari così violo non so quante norme sul diritto d’autore, ma… condivido. Viene da “La Nazione” di oggi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non ho nemmeno fatto OCR, non voglio si creda nemmen di lontano che l’ho scritto io. Anche se avrei voluto.

Odio le “catene”

e da adesso anche la Mukka 😛

 

pertanto risponderò, ma non girerò a nessuno.

1-Volume totale dei file musicali sul mio Pc: circa 3 Giga, quasi esclusivamente colonne sonore che possiedo e che ho campionato.

2- L’ultimo cd che ho comprato: Once More with feeling, la colonna sonora dell’omonima puntata-musical di Buffy the Vampire Slayer.

3- Canzone che sta suonando ora: Sul Palm: Mad World, quella del funerale del film Donnie Darko; In auto: Ain’t necessarily so, Jimmy Sommerville (chi sa, sa, chi non sa non sa nemmeno quel che si perde); Sul PC a casa: O fortuna, Carl Orff (almeno mi pare fosse l’ultima); Sul PC al lavoro Kiss of Death dei New Order.

4- Cinque canzoni che ascolto spesso e che significano molto per me:

  • G. Artegiani: E le rondini sfioravano il grano. Lieto fine a parte, è il riassunto della mia adolescenza.
  • Metisse: Boom boom ba da Dead like me– VV.AA: Perfect day (female version) da Trainspotting: coccole per le orecchie
  • Heaven on their Minds (dal Jesus Christ superstar di Webber- Rice): la canzone che m’ha fatto amare i musicals, e in particolare quello che m’ha fatto cambiare idea sulla Fede.
  • Rest in Peace (dal succitato Once more with feeling): tra l’inaspettata bravura del cantante-attore e il testo, mi sorprendo a cantarla a voce alta ogni volta.
  • Stan Bush: Fight to survive da Senza esclusione di colpi – Mi da la carica quando ne ho bisogno, e mi ricorda il periodo più spensierato della mia vita: non capivo un cazzo, ma non me ne preoccupavo. 

Avendo dato prova della mia misfittaggine, qui mi fermo.

Par condicio

Apprendo che a Bologna i dipendenti comunali sono molto insoddifatti dal sindaco, che non ha corrisposto il premio produzione promesso da quello precedente.

Non invidio chi non sa delle promesse di CHI ha fatto male a fidarsi.

Misunderstoopid

NON sono un genio, sappiatelo, checchè tutto indichi il contrario. 😛

Soprattutto, non ho “intelligenza emotiva” o capacità machiavelliche di manipolazione, nonostante un paio di persone me l’abbian rinfacciato.

E’ per quello, che ho scritto qualche post fa “fatemela facile”. Se mi dite una cosa e poi ne vedo un’altra, non sto a farmi tanti problemi: mi avete raccontato una balla, avete violato il mio UNICO comandamento comportamentale -“verità, per quanto atroce”- e vi siete giocati in un sol colpo amicizia, rispetto e affetto; che poi io sia impermeabile al rancore e al buonsenso, e quindi incline al perdono, è tutta un’altra storia, non ci marciate.

Se mi dite “stasera non esco che devo studiare” e poi uscite con Tafano io la scopa al culo non la metto(cfr. Elio e le storie tese). Quantomeno, non al mio.

Se non so come agire, non agisco. E’ per quello che al meglio non faccio nulla.

In base a segnali contrastanti, faccio come le lepri quando le beccate di notte sulla statale: resto basito a occhi spalancati ad aspettare di essere investito, facendo finta di non esistere. E questo mi sta pure bene.

Però, v’avverto prima, non ingranate la retromarcia per infierire, quando m’avete spianato, che a saltare attraverso il finestrino fino alla vostra giugulare ci metto un picosecondo.

Relatività

…a volte, e parlo non solo per me, credo, serve un guaio grosso per ridimensionarne uno piccolo.

E detto guaio aiuta ad apprezzare anche le GRANDI felicità che abbiamo dato per scontate o di cui vediamo solo le piccole spine che le accompagnano.

Io ne ho avuto la conferma ieri.

Son più sereno, davvero.

A volte basta allontanarsi un po’, cambiare punto di vista, e si vede che la montagna che getta un’ombra su tutto non è che un grosso sasso e che, nonostante tutto, un enorme sole brilla ancora.

Fantastico

Il nunzio apostolico a Cuba ha ringraziato Castro per la “sensibilità” dimostrata nel lasciare annunciare in televisione la morte del Papa.

Sarà, ma a me l’avvertire dei bambini chiusi in una stanza buia che fuori è successo un terremoto non pare proprio “sensibilità”.

Capita che mi copii da solo

Il fantasma del palcoscenico

?

?
Addio.

Sono stato un buono, e non ? servito,

? sempre il nero che vince.

Ti ho amata dal mio buio,

ma tu non hai mai potuto vedere oltre

il cerchio del riflettore.

E lui, accanto a te,

nel tuo cuore, dove io sognavo di essere,

e dietro la sua maschera dorata

il brulicare dei vermi.

Tu nelle sue braccia,

acciaio nel mio cuore.

Hai capito, forse, mentre guardavi il mio volto bruciato

quando arrancavo ai tuoi piedi.

E allora, amore, perch? non mi

hai anche solo abbracciato

prima che me ne andassi via

piangendo, via, lontano dalle

urla della folla e

dalle mie e tue lacrime ?

Heartquake

Non commenterò la morte del Papa.

Per un motivo solo: non voglio sembrare ipocrita; non solo perchè son sempre stato un ateo e anticlericale, e quindi, ben che vada, farei la figura di quello che si allinea e parla bene, ma anche perchè lutti a me più vicini e, onestamente, per me più gravi, mi impediscono di essere obiettivo.

Son stato basito tutto il week-end, ho ripensato a lungo, a sprazzi, mentre cercavo di tenermi impegnato, a quel che può capitare a persone normali, oneste e buone quando meno ci se l’aspetta. E se avevo dei dubbi sul mio ateismo, adesso me li son tolti tutti: se un dio BUONO c’è, ci ignora. Quindi ci fa meglio figura se non esiste.

Cicatrici

Stamani, mentre mi lavavo (càpita), mi son trovato una cicatrice che non sapevo d’avere.

Bianca, lunga, in rilievo, vicino al polso sinistro, appena più vicino al gomito del cinturino dell’orologio: impossibile che non la ricordassi.

La spiegazione è una sola. Questo non è il mio solito corpo. Solo così si spiega anche il dimagrimento quando in realtà volevo solo definire.

Non scherzo.

Son sempre stato convinto che tutti noi viaggiamo tra infiniti, _davvero_ infiniti, mondi che differiscono per particolari minimi, ogni giorno e senza accorgercene se non quando ritroviamo le chiavi -lasciate in cucina- in tasca dei pantaloni.

Non abbiamo bisogno di tunnel, sliders, macchine che apron buchi quantici, cosine del genere. Ci basta l’inconscio. Sentiamo il bisogno che da “domani”  saremo più attivi sul lavoro, e giorno dopo giorno ci spostiamo senza volerlo e senza accorgercene in mondi appena diversi, verso quelli -lo stesso infiniti- in cui stiamo per guadagnarci la promozione. Decidiamo che è l’ora di darci una mossa con la tipa, e pian piano arriviamo al mondo in cui lei ci fila, se è realmente quello che vogliamo nel profondo, accanto alla macchinetta di teletrasporto subconscia.

‘Sto giro c’ho le prove. Pensavo ci si spostasse corpo e tutto, e invece, forse perchè il mio proposito, oltre che ANCHE conscio è legato al corpo, almeno questa volta mi son spostato nel corpo di un me più snello ma che chissà quando si è fatto uno sbrego sull’avambraccio. Ridete, ridete. Intanto io, spostati ho perso tre chili 🙂

La mente umana ha delle potenzialità che non conosciamo. E questa è solo una di quelle che non posso provare se non a me stesso (i miei amici di “qui” m’han sempre visto con questa cicatrice, no?).

Allora siete imbecilli, oltre che stronzi.

Ho appena sentito che alla povera Schiavo, morta ieri sera, faranno l’autopsia per vedere se il cervello era davvero irrecuperabile. Cioè “Intanto l’abbiamo ammazzata, poi vedremo se dobbiamo chiedere scusa”

—-

Il sindaco di una città a caso: “Ho firmato il provvediamento per l’abbattimento degli alberi (dovevan trovare il posto per parcheggiare due camion per una settimana, per quel troiaio che han combinato alla Fortezza, e hanno abbattuto 35 alberi secolari) senza pensarci troppo: gli alberi si ripiantano”

Immane testa di c***: i figlioli si rifanno, vedrò di dire al tu’babbo e alla tu’mamma, quando se ti becco in mezzo alla strada ti metto sotto.

Una favola

“Scrivi di me” chiese la bambina -che bambina era, ancora-
“Che cosa ti scrivo?” chiese il bambino -che bambino era, ancora-, orgoglioso e tronfio che una delle poche cose che gli riuscivano bene piacesse anche a lei.
“Una fiaba dove io sono la principessa”
Il tondo bambino annuì, e iniziò subito a riempire con la sua tonda calligrafia le pagine del taccuino.
Scrisse, una riga al giorno, due righe, un paragrafo, mezza pagina, poche parole, ma ogni giorno.
“E’ finita la fiaba?” chiedeva lei.
“Non ancora” rispondeva lui. Ed era vero.
Presto la bambina dimenticò.
Ma il bambino -che ormai più bambino non era- continuò.
E continuò.
Scrisse della principessa e delle sue avventure.
Prima furono risa e cavalli e fiori e fate, poi furono gli amori della ragazza -che ormai ragazza era- e di principi che anelavano alla sua mano.
Scrisse di ogni principe che visse accanto alla ragazza, fosse per un giorno o per un anno.
L’uomo -che ormai uomo era diventato- scrisse anche, sui suoi taccuini, di quando lei si sposò, e di come divenne regina, e dei principini che diede al re.
Scrisse anche di quando la regina divenne vedova, e scrisse.
Poi, un giorno, con una grande borsa piena di piccoli taccuini e di un amore tornato puro come quando aveva scritto le prime parole della storia, decise di far leggere la fiaba alla sua principessa.
E seppe dai figli di lei che aveva aspettato troppo, che la principessa aveva chiuso gli occhi per il suo sonno di mille anni; e figli della regina chiesero al vecchio -che altro non era, da quel giorno- se, avendola conosciuta da tanti anni, non potesse scrivere qualcosa sul marmo di lei.
E il vegliardo iniziò a raccontare.
“C’era una volta una principessa…”, iniziò.

Per i fan della Tigra

Mi dispiace, l’ho data via.

Settimana scorsa i carabinieri hanno fermato il mi’ babbo l’unica volta -la seconda, in verità. la prima aveva subito trovato il modo di spegnermi una cicca su un bracciolo- che la guidava.

Hanno consigliato la sostituzione dei pneumatici e ricordato la revisione entro fine mese.

Ho fatto i miei conti, letto il contachilometri -122065- e ho trovato che mi conveniva cambiare auto.

Alla fine la scelta è caduta su una KIA Picanto Spirit 1000, disponibile dal concessionario.

Considerato che è la terza KIA che si compra dal solito, m’ha ritirato la Tigra al prezzo migliore che poteva farmi.

Già solo di assicurazione, alla voltura, m’han reso 102 bellissimi euro, su sei mesi. Se poi si conta che non consuma un accidente, che è spaziosa da morire e piena di soluzioncine razionali, va da sè che gongolo ogni volta che ci salgo su.

Poi mi dicono che bisogna rilanciare la produzione nazionale.

Ma come si fa? Io sono entrato dal concessionario dicendo “voglio spendere poco, sia per l’auto che per la manutenzione”. E come me fanno tanti, credo. Io non mi intendo di motori, di prestazioni, assetti, PMS, PMI, Cx, e cose del genere, mi limito a far si-si con la testa quando se ne parla, capendo di solito a grandi linee.

Però vedo come “vanno” le auto di parenti e amici, e tanto è bastato.

E poi bisogna risparmiare, la Tigra beveva come un’etilista, era consunta… beh, ho preso una macchina piccola, risparmiosa, pratica, con quattro posti veri (e non 2+2 che mi toccava chiedere la carta d’identità ai due passeggeri più bassi per metterli a sedere dietro, se no mi sequestravano la macchina se invece di 1.60 eran alti 1.61)…

vi so dire fra un migliaio di kilometri 🙂

Non ne ho più

Giuro, non ne ho più.

Più sono sincero, più mi preoccupo, peggio vengo trattato.

E non da una parte sola. Son stato ostracizzato, infamato, deriso, IRL e Online.

Io credevo che la premura e la sincerità venissiro premiate.

Quantomeno in via teorica, no?

Fatemela facile, per una volta.

Adeguatevi alle mie ridotte capacità mentali.

Se dite “rosso”, non pretendo che sia “rosso”, ma almeno ”arancio” o “rosa”, non “nero”, per favore.

Grazie.

Non fate agli altri quel che vorrei fosse fatto a me

Ero a favore dell’eutanasia.

Per me, lo sono ancora. Se dovessi rimanere in un letto, senza coscienza di me, o, peggio, sofferente, prego tutti i miei amici di inciampare nel cavo della macchina che mi tiene in vita o di calpestare il tubo dell’ossigeno. Dopodiché, cavatemi tutti gli organi, tessuti e liquidi che possano essere utili a chicchessia, fatemi cremare, riempite un’urna di cenere di caminetto e spandere le mie spoglie in un bosco, così non avrete nemmeno l’impiccio di rimanere affezionati ad un vaso di peltro.

Fondamentalmente, tutto ciò perché sono un vigliacco. Anche se ho in tasca, dentro la tessera AVIS, quella AIDO e la “scelta consapevole” ho paura di restare intrappolato, in qualche maniera, dentro un guscio inerte. Quindi, appena ci sono l’occasione e motivi, utilizzate il mio corpo per quel che è: un po’ di parti di ricambio, una volta che il cervello o la dignità se ne sono andati.

Però non sono più tanto sicuro di essere favorevole all’eutanasia per chi non ha dato l’esplicito assenso.

Penso immaginiate perché sto affrontando questo argomento. Ho visto i filmati di quattro anni fa della Schiavo.

Onestamente, mi son sentito vacillare, spietato e meschino, quando mi son ricordato di aver detto “povera donna, lasciatela morire”. A parte il metodo inumano che avevano scelto (no, dico: di fame! Cazzo, tiragli una pistolettata, se vuoi essere civile. Ai pluriomicidi e stupratori da quelle parti concedono l’iniezione letale, pulita, veloce e indolore, e a questa povera ragazza innocente la fai morire un po’ alla volta?), con che cuore si può decidere in maniera lucida a proposito non di un semplice vegetale, ma di un essere umano che si muove, sorride, di tanto in tanto vocalizza e ti fissa?

Io posso capire tante cose, ma mi parrebbe come uccidere un neonato, indifeso e magari incosciente di quel che gli succede attorno.

Per me ve lo dico di nuovo: soffocatemi con un cuscino. Per lei posso solo sperare che chi la conosce meglio, e non un giudice dall’altra parte degli Stati Uniti, decida cosa sia meglio per lei e la sua dignità di essere umano.

Animali

Ieri mattina, tornando a casa mia attraverso le colline del Chianti come sempre, per poco non metto sotto un animale sbucato dalla macchia. Ho inchiodato e l’ho apostrofato con un “testa di cazzo”.

Al che l’animale ha fatto finta di nulla, come se il mondo fosse suo, m’ha guardato malissimo, ha tirato un’altra boccata dalla sigaretta e ha finito di attraversare la strada per arrivare alla macchina tirandosi dietro il cane. Ovviamente, alle macchine -fuoristrada, of course, però lasciati sull’asfalto, non s’avessero a sciupare!- lo aspettavano altri animali della stessa fatta, tutti con la loro livrea verde mimetico, il fucile e i cani.

Ebbene si, in Toscana è periodo di caccia. Ciò vuol dire che individui a cui non daresti in mano un motorino per paura che si sfarinassero contro un platano o che rovinassero qualcuno, agguantano il fucile e una povera bestia che troppo spesso ha più buonsenso di loro e s’alzano ad ore antelucane per imbottirsi d’alcol per non sentire il fresco, e vanno in giro per la campagna e i boschi a spandere bossoli non biodegradabili sparando a qualsiasi cosa si muova; per fortuna abbastanza spesso si impallinano fra di sè e provano cosa vuol dire una rosata di pallini. Io in quei frangenti mi dispiaccio solo che non abbian caricato a terzarola (per chi non lo sapesse: tre pallettoni incatenati fra sè che ruotando l’uno attorno all’altro macinano più che perforare).

“Perchè tanto odio?” chiederanno i miei due lettori. Beh, risponderò per esteso.

Non sono contro la caccia in generale.

Sono contro la mattanza indiscriminata che è consentita in Italia, di fatto non punendo chi contravviene alle norme.

Come si fa a chiamare “sport” una attività in cui un anziano sovrappeso e bolso, di solito con riflessi e vista indegni di tali nomi può agguantare un’arma e mettersi a sparare in giro finchè non ha scaricato le frustrazioni dell’andropausa ammazzando tutto quel che ha visto muoversi? uno “sport” si fa ad armi pari, io lo dico sempre: “ad armi pari” il cinghiale dovrebbe vedersela col cacciatore disarmato, o alla peggio armato di coltello, se vogliamo far pari coi denti, in un recinto di tre metri per tre, chi resta in piedi mangia l’altro, non contro dieci cecchini a venti metri con fucili da elefanti.

“Curano il territorio”, mi dicono. Certo, come no. Fatevi una passeggiata su un sentiero qualsiasi e ditemi quanti bossoli han raccolto, ‘sti “curatori del territorio”.

“Il cinghiale è infestante”, mi dicono. Certo, vero. Come la volpe, figlia fino a riempire la sua nicchia di disponibilità alimentari e predatoria; il che vuol dire, che, per la gioia dei cacciatori, se ne ammazzi dieci, l’anno dopo altri dieci son di nuovo impallinabili. Però non ammazzandone nessuno, avrebbero figliato meno, non avendo “buchi” tappabili. Ma questo sarebbe molto, molto meno divertente, vero?

“L’uomo è sempre stato cacciatore”, mi dicono. E allora tromba, perdio, e vai a caccia di donne! Alzane una sola, di canne, invece della doppietta, una buona volta, che fai del bene, invece di sfogare il sadismo su prede innegabilmente più facili ma non consenzienti.

“Si fa per mangiare”, mi dicono. Certo, come no. Tra licenze, spese, cani, pallottole, fucili, non converrebbe andare all’esselunga? io dico anche dal Pinchiorri, altro che!, piuttosto che mangiare due tordi al piombo.

“Si fa moto, si tiene in allenamento l’occhio e il cervello”. Bene. Nulla in contrario. Lascia a casa il fucile, se vuoi far moto, e vai a far passeggiate. Se invece ci tieni tanto a sparacchiare in giro, iscriviti ad una associazione di soft-air, e fai come facevo io: spara con pallottole inoffensive ad esseri umani, in grado di ingannarti, scansarle, metter su una strategia prima e spararti indietro poi.

Non mi viene in mente altro, se non che i boschi e gli animali sono patrimonio pubblico, e quindi anche mio; come si multa chi vandalizza un monumento, si dovrebbe prendere a calci in culo chi fa fuori gli animali di tutti.

Punti fermi

Ieri è finita la mia adolescenza, o comunque si chiami quell’età che precede la maturità.

E non volevo, non volevo proprio.  Eppure, ieri ho avuto la prova scritta.

Il mio migliore amico, credo l’unico lettore fedele dei miei sproloqui, mi ha consegnato l’invito al matrimonio della sorella. Già lo sapevo, ma nero su bianco l’impatto è stato ben diverso, meno forte, anche della vista del di lei pancione che cresce.

L’Ale era l’unico legame che avevo con la mia adolescenza che non fosse già palesemente invalidatosi “maturando”.

Quindici, cazzo, sì, quindici anni fa. Dell’Alessandra non ho mai avuto infatuazioni serie, capitemi, se non per dieci minuti durante uno dei nostri primi incontri, prima di capire che non c’era e non ci sarebbe mai stata storia. Però, in qualche modo, ho saputo, o forse solo fantasticato, in maniera tanto profonda da essere quasi tettonica, che con lei sarei stato sereno.

Niente amore impossibile, insisto, per l’amor di Dio, ma solo una coscienza di quello che non sarà mai, un sentimento quieto, rassegnato, di una serenità che avrebbe potuto essere assieme ad una persona che, comunque, meritava di più di un sognatore bolso, impacciato e senza senso pratico.

A lei mi legano memorie personalissime e incomunicabili, come quando durante una ripetizione d’inglese mi raccontava dell’assenza del padre, un “canone!” coccolando un cane da guardia al di là di un cancello, un bacetto che mi ha dato la sveglia migliore perchè inaspettata della mia vita, di un suo tentativo subito abortito di slacciami gli anfibi durante una mia ubriacatura… lo so, “da fuori” son cazzate. Per quello ho scritto “incomunicabili”. Però per me l’Alessandra, nonostante il fatto che sia ad oggi solo una buona amica, è sempre rimasta, in quel letto sabbioso del troppo lento ruscello che è il mio sentire, la ragazzina che ho sognato per qualche minuto. C’è poco da fare, sono strano.

Nostalgia, magari, di tempi in cui parole come “figli” e “matrimonio” erano concetti improbabili, o, comunque, molto nel futuro, come “teletrasporto”, rimpianti di parole non dette se non da ubriaco (e poi non ci si crede, che “in vino veritas”.

Non so. Di certo Riccardo, suo fratello, sa cosa intendo. E sa che questo è un post che tra i diretti interessati non deve essere letto se non da lui, che non l’avrei messo sotto i suoi occhi se non per amore di completezza e sincerità, per provare a spiegargli il come mai ieri sera, con quella busta in mano, nonostante patetici tentativi di dissimulare, sia diventato un altro.

Tocca anche a me crescere, e sono contento che sia toccato a lui il mettere l’ultimo mattone.

…a lungo andare produce…